DODICI BREVI TESI SULLE ARGOMENTAZIONI DI H. GREULICH A FAVORE DELLA DIFESA DELLA PATRIA

Lenin (1917)


Scritte in tedesco fra il 13 e il 17 (26 e 30) gennaio 1917. Pubblicate nel Volksrecht, 1917, nn. 26 e 27 (31 gennaio e 1° febbraio). Pubblicate per la prima volta in russo in Miscellanea di Lenin, XVII, 1931. Opere vol. 23
Fonte Biblioteca Marxista


1. H. Greulich dichiara, all’inizio del suo primo articolo, che vi sono oggi dei “socialisti” (ma parla, probabilmente, di sedicenti socialisti) che “hanno fiducia nei governi degli nobili agrari e della borghesia”.Quest’accusa contro una delle tendenze del “socialismo” contemporaneo, e più esattamente contro il socialpatriottismo, è evidentemente fondata. Ma che cosa dimostrano i quattro articoli del compagno H. Greulich se non che lui stesso “ha una fiducia” cieca nel “governo borghese” della Svizzera? Greulich finisce anzi per dimenticare che quest’ultimo, in virtù delle innumerevoli relazioni del capitale finanziario svizzero, non è soltanto un “governo borghese”, ma anche un governo borghese imperialista.


2. H. Greulich ammette nel primo articolo che in seno alla socialdemocrazia internazionale esistono due correnti principali. E caratterizza giustamente una di esse (cioè, naturalmente, la corrente socialpatriottica), stigmatizzandone i seguaci come “agenti” dei governi borghesi. Ma Greulich dimentica stranamente, in primo luogo, che anche i socialpatrioti svizzeri sono gli agenti del proprio governo borghese; in secondo luogo, che, come non si può isolare la Svizzera in genere dal mercato mondiale, così non si può staccare l’odierna Svizzera borghese, ricchissima e molto progredita, dalla rete dei rapporti imperialisti mondiali; in terzo luogo, che sarebbe opportuno esaminare gli argomenti pro e contro la difesa della patria nell’insieme della socialdemocrazia internazionale e soprattutto in connessione con quei rapporti imperialisti mondiali del capitale finanziario; in quarto luogo, che è impossibile conciliare le due principali correnti della socialdemocrazia internazionale e che, pertanto. il partito svizzero deve scegliere una delle due tendenze.


3. H. Greulich afferma nel secondo articolo che “la Svizzera non può condurre una guerra offensiva”.
Greulich dimentica stranamente il fatto incontestabile ed evidente che la Svizzera, nei due soli casi possibili, — sia che si allei con la Germania contro l’Inghilterra, sia che si allei con l’Inghilterra contro la Germania, — prenderebbe comunque parte a una guerra imperialista, a una guerra di rapina, a una guerra offensiva.
La Svizzera borghese non potrebbe modificare in nessun caso il carattere della guerra in corso o condurre, in generale, una guerra antimperialista. È forse ammissibile che Greulich abbandoni il “terreno dei fatti” (vedi il suo quarto articolo) e, invece di parlare di questa guerra, discorra di una guerra immaginaria?


4. H. Greulich afferma nel secondo articolo:
“La neutralità e la difesa della patria sono per la Svizzera la stessa cosa. Chi respinge la difesa della patria minaccia la neutralità. Ecco il punto che bisogna aver chiaro”.
Due domande molto semplici al compagno Greulich.
Anzitutto, non bisogna forse aver chiaro che la fiducia nelle dichiarazioni di neutralità e nel proposito di salvaguardare la neutralità nella guerra in corso non implica soltanto una fiducia cieca nel proprio e negli altrui “governi borghesi”, ma è anche, molto semplicemente, ridicola?
Non bisogna inoltre aver chiaro che, nei fatti, le cose stanno come segue?
Chi accetta la difesa della patria nella guerra in corso si trasforma in complice della “propria” borghesia nazionale, che è palesemente imperialista anche in Svizzera, in quanto è legata finanziariamente alle grandi potenze e coinvolta nella politica imperialista mondiale.
Chi respinge la difesa della patria nella guerra in corso distrugge la fiducia del proletariato nella borghesia e aiuta il proletariato internazionale a lottare contro il dominio della borghesia.


5. H. Greulich afferma alla fine del secondo articolo: “Sopprimendo la milizia in Svizzera, non avremo ancora eliminato le guerre tra le grandi potenze”.
Perché mai il compagno Greulich dimentica che i socialdemocratici vogliono sopprimere qualsiasi esercito (e quindi anche la milizia) solo dopo la vittoria della rivoluzione sociale? Che proprio nel momento presente si tratta di lottare per la rivoluzione sociale, in alleanza con le minoranze internazionaliste rivoluzionarie di tutte le grandi potenze?
Da chi Greulich si aspetta l’eliminazione delle “guerre tra le grandi potenze”? Forse dalla milizia di un piccolo Stato borghese con quattro milioni di abitanti?
Noi socialdemocratici pensiamo che le “guerre tra le grandi potenze” saranno eliminate dall’azione rivoluzionaria del proletariato di tutte le potenze, grandi e piccole.


6. Nel terzo articolo Greulich sostiene che gli operai svizzeri devono “difendere” la “democrazia”!
Ma ignora sul serio il compagno Greulich che nella guerra attuale nessuno Stato europeo difende o può difendere la democrazia? E che, al contrario, partecipare a questa guerra imperialista significa per tutti gli Stati, grandi e piccoli, strangolare la democrazia, far trionfare la reazione sulla democrazia? Ignora sul serio il compagno Greulich i mille e mille esempi forniti al riguardo dall’Inghilterra, dalla Germania, dalla Francia, ecc.? O ha egli tanta “fiducia” nel governo svizzero, cioè nel suo “governo borghese”, da considerare tutti i direttori di banca e i milionari svizzeri degli autentici Guglielmi Tell?
Non la partecipazione alla guerra imperialista o ad una mobilitazione che dovrebbe salvaguardare la neutralità, ma la lotta rivoluzionaria contro tutti i governi borghesi, ed essa soltanto, può condurre al socialismo; e senza socialismo non c’è garanzia alcuna per la democrazia!


7. Il compagno Greulich scrive nel terzo articolo: “La Svizzera si attende forse dai proletari che “si uccidano fra loro nelle battaglie imperialiste?”.
Questa domanda dimostra che il compagno Greulich poggia saldamente sul terreno nazionale; ma, purtroppo, in questa guerra, un simile terreno non sussiste affatto per la Svizzera.
Non è la Svizzera ad “attendersi” questo dal proletariato, ma il capitalismo, che si è trasformato in capitalismo imperialista in tutti i paesi civili, anche in Svizzera. Il dominio della borghesia “si attende” oggi dai proletari di tutti i paesi che “si uccidano fra loro nelle battaglie imperialiste”: ecco che cosa Greulich dimentica. Per reagire a questa situazione non c’è oggi altro mezzo che la lotta di classe, rivoluzionaria e internazionalista, contro la borghesia!
Perché mai Greulich dimentica anzitutto che già il manifesto di Basilea dell’Internazionale riconosceva apertamente, nel 1912, che il capitalismo imperialista avrebbe determinato il carattere fondamentale della guerra imminente e, inoltre, che lo stesso manifesto parlava della rivoluzione proletaria appunto in connessione con questa guerra?


8. Greulich scrive nel terzo articolo:
La lotta rivoluzionaria di massa, “invece dell’esercizio dei diritti democratici”, è “un concetto molto vago”.
Questo dimostra che Greulich ammette soltanto la via riformista borghese, mentre respinge o ignora la rivoluzione: il che può andar bene per un grütliano, ma in nessun caso per un socialdemocratico.
Le rivoluzioni sono impossibili senza “lotta rivoluzionaria di massa”. Rivoluzioni senza “lotta rivoluzionaria di massa” non ce ne sono mai state. Oggi, all’inizio dell’epoca dell’imperialismo, le rivoluzioni sono inevitabili anche in Europa.


9. Nel quarto articolo il compagno Greulich dichiara formalmente, come una cosa “ovvia”, che rassegnerà il suo mandato al Consiglio nazionale, se il partito rigetterà in linea di principio la difesa della patria. Egli aggiunge inoltre che un tale ripudio implicherebbe “una violazione della nostra unità”.
È questo un ultimatum ben chiaro e categorico, posto dai membri socialpatriottici del Consiglio nazionale. O il partito accetta le tesi dei socialpatrioti, oppure “noi” (Greulich, Müller, ecc.) rassegniamo i nostri mandati.
Ma, a dire il vero, di quale “unità” si può parlare in questo caso? Evidentemente, dell’“unità” fra i capi socialpatrioti e i loro mandati di consiglieri nazionali!!
L’unità proletaria, fondata sui principi, è tutt’altra cosa: i socialpatrioti, cioè i “difensori della patria”, devono “unirsi” alla Lega di Grütli, che è socialpatriottica e interamente borghese. I socialdemocratici, che respingono la difesa della patria, devono invece “unirsi” al proletariato socialista. Questo è assolutamente chiaro.
Noi speriamo fermamente che il compagno Greulich non vorrà coprirsi di ridicolo cercando di dimostrare (nonostante le esperienze dell’Inghilterra, della Germania, della Svezia, ecc.) che l’“unità” dei socialpatrioti, cioè degli “agenti” dei governi borghesi, con il proletariato socialista può portare a qualcosa che non sia la disorganizzazione, l’ipocrisia e la menzogna.


10. Secondo Greulich, il “giuramento” con cui i membri del Consiglio nazionale si impegnano a difendere l’indipendenza del paese è “incompatibile” con il rifiuto di difendere la patria.
Benissimo! Ma c’è forse una sola attività rivoluzionaria che sia “compatibile” con il “giuramento” di salvaguardare le leggi degli Stati capitalisti?? I grütliani, cioè i servi della borghesia, riconoscono in linea di principio soltanto le vie legali. Ma fino ad oggi non c’è stato un solo socialdemocratico che abbia respinto la rivoluzione o accettato solo quelle lotte rivoluzionarie che sono “compatibili” con il “giuramento” di salvaguardare le leggi borghesi.


11. Greulich nega che la Svizzera sia uno “Stato borghese di classe... nel senso assoluto della parola”. Egli definisce il socialismo (alla fine del quarto articolo) in modo tale che da esso scompaiono del tutto la rivoluzione sociale e qualsiasi azione rivoluzionaria. La rivoluzione sociale è un’“utopia”: è questo, in breve, il senso di tutti i lunghi discorsi o articoli di Greulich.
Molto bene! Ma questo è grütlianismo della più bell’acqua, non è socialismo. Questo è riformismo borghese, non è socialismo.
Perché il compagno Greulich non propone di cancellare le parole “rivoluzione proletaria” dal manifesto di Basilea del 1912? O le parole “azioni rivoluzionarie di massa” dal documento di Aarau del 1915? O di bruciare tutte le risoluzioni di Zimmerwald e di Kienthal?


12. Il compagno Greulich poggia saldamente sul terreno nazionale, cioè sul terreno riformista borghese, grütliano.
Egli si ostina a ignorare il carattere imperialista della guerra attuale, nonché le relazioni imperialiste dell’odierna borghesia svizzera. Ignora la divisione dei socialisti di tutto il mondo in socialpatrioti e internazionalisti rivoluzionari.
Dimentica che il proletariato svizzero ha in effetti dinanzi a sé due sole vie.


La prima è quella di aiutare la propria borghesia nazionale ad armarsi, sostenere la mobilitazione col pretesto di difendere la neutralità ed esporsi quotidianamente al rischio di farsi coinvolgere nella guerra imperialista. In caso di “vittoria” in questa guerra, soffrire la fame, registrare centomila morti, far intascare alla borghesia altri miliardi di profitti di guerra, garantirle all’estero nuovi e lucrosi investimenti di capitale e cadere in un stato di soggezione finanziaria nei confronti degli “alleati” imperialisti, delle grandi potenze.


La seconda è quella di lottare risolutamente, in stretta alleanza con le minoranze internazionaliste rivoluzionarie di tutte le grandi potenze, contro tutti i “governi borghesi”, e prima di tutto contro il proprio, negare qualsiasi “fiducia” al proprio governo borghese in generale e ai suoi discorsi sulla difesa della neutralità, invitare garbatamente i socialpatrioti a trasferirsi nella Lega di Grütli.


In caso di vittoria, liberarsi per sempre del carovita, della fame e delle guerre e scatenare la rivoluzione socialista, insieme con gli operai francesi, tedeschi, ecc.
Entrambe le vie sono difficili e impongono sacrifici.
Il proletariato svizzero deve quindi scegliere se fare questi sacrifici a vantaggio della borghesia imperialista del suo paese e di una delle coalizioni di grandi potenze, o se farli invece per emancipare l’umanità dal capitalismo, dalla fame e dalle guerre.
Il proletariato deve scegliere.


Ultima modifica 29.02.2012