Annali franco-tedeschi

Premessa

 

Il 18 marzo 1843, in un estremo, vano, tentativo di evitare la decisione della censura di interdire il giornale a partire dal 1° aprile, Marx fece pubblicare l’annunzio delle proprie dimissioni da redattore capo della Gazzetta renana. Come dirà più tardi, nella sua prefazione a Per la critica dell’economia politica, questo ritiro dalla "scena pubblica" fu seguito da mesi di intenso lavoro nella "stanza di studio" di Kreuznach, dove si era trasferito dopo il matrimonio con Jenny von Westphalen, sua fidanzata da sette anni.

Incerto sul suo futuro, Marx si dedico con rinnovata intensità agli studi filosofici, proponendosi di riprendere e approfondire la critica radicale di Feuerbach ai fondamenti stessi del pensiero di Hegel, e di andarvi oltre. Nasce così il manoscritto Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico, un minuzioso confronto, paragrafo per paragrafo, con la parte dei "Lineamenti di filosofia del diritto" di Hegel riguardante in particolare i poteri: quelli del sovrano, quelli del governo, quello legislativo. La Critica verrà pubblicata soltanto, tra il 1927 e il 1932, a Mosca, nell’edizione delle opere complete di Marx ed Engels, a cura di Rjazanov e Adoratskij. Ma una sua sintesi teorica apparve già, con il titolo Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione, nello stesso fascicolo doppio degli Annali franco-tedeschi (febbraio 1844) cui Marx contribuì anche con il saggio Sulla questione ebraica.

Questi due scritti sono strettamente interconnessi: con essi Marx, svincolandosi da ogni posizione meramente "politica", e sottolineando come stesse nella "proprietà privata" il fondamento che impediva alla democrazia liberale di tramutarsi in una democrazia "vera", si pone già alle soglie di una scelta "comunista", che trarrà il suo completamento teorico-pratico nella individuazione del proletariato come polo fondante di una nuova società in grado di porre fine non solo alla alienazione "religiosa" posta in luce da Feuerbach e dalla sinistra hegeliana, ma da quella politica, che la rivoluzione democratico-borghese in Francia non aveva fatto che ribadire su nuove basi.

"Per la Germania la critica della religione nell’essenziale è compiuta, e la critica delle religione è il presupposto di ogni critica": è questo l’inizio lapidario di Per la critica. E, in Sulla questione ebraica: "La religione per noi non costituisce più il fondamento, bensì ormai soltanto il fenomeno della limitatezza mondana".

Già Bruno Bauer – dai cui articoli "La questione ebraica" e "La capacità degli ebrei e dei cristiani d’oggi di diventar liberi" Marx prende la mosse – aveva sottolineato che la lotta per la propria emancipazione da parte degli ebrei tedeschi, per il modo come l’avevano impostata, avrebbe potuto al più condurre a fare ottenere loro lo statuto giuridico e politico che già avevano in Francia e in altri paesi; ma questa emancipazione, "civile, politica", a suo giudizio, sarebbe rimasta soltanto formale, esteriore, sino a quando lo Stato non si fosse interamente liberato dal suo presupposto di presentarsi di fatto come "Stato cristiano" (per esempio nell’osservanza generalizzata della festività settimanale di domenica, e non di sabato, quale è per gli ebrei). "Lo Stato che presuppone la religione non è ancora uno Stato vero, reale", aveva concluso Bauer. "L’eliminazione politica della religione, di conseguenza, equivale per lui [Bauer] all’eliminazione della religione senz’altro", osserva Marx.

Quale è il limite, e l’inadeguatezza di questa posizione, apparentemente, rispetto alle richieste degli ebrei, avanzata e "critica"? La questione, l’"errore di Bauer" sta nel fatto che egli sottopone a critica solo lo "Stato cristiano", "non lo Stato in sé", che non ricerca "il rapporto tra l’emancipazione politica e l’emancipazione umana". Ritorna qui il nodo centrale già affrontato da Marx nel suo esame puntuale della filosofia hegeliana del diritto pubblico. Bauer è rimasto ancora legato a tale impostazione: "Si confronti l’intera sezione "La società civile" (pp. 8-9), che è abbozzata secondo le linee fondamentali della filosofia del diritto di Hegel. La società civile nel suo contrasto con lo Stato politico si riconosce necessaria, poiché si riconosce necessario lo Stato politico".

Da qui, da questa separazione, ma anche dialettica compresenza, di società politica e società civile, come di due "poli" reciprocamente necessari, Marx si inoltra in una direzione di ricerca che gli consente di porre – con straordinaria chiaroveggenza – le conseguenze di questa unità/separazione. Poniamo, egli dice, che lo Stato si liberi ("si emancipi") dalla sua caratteristica di "Stato cristiano", come già, parzialmente, accade "nei liberi Stati dell’America del nord"; che cioè si sia già istituzionalmente considerata la religione, e i culti, come un fatto privato, inerente unicamente alle scelte del singolo entro la società civile. Ebbene, proprio il loro esempio di piena attuazione della "dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino" ("Nessuno deve essere molestato per le sue opinioni, anche religiose"), sancita dalla Costituzione rivoluzionaria francese del 1791, il loro porsi come "Stato politico perfetto", lungi dall’emancipare l’uomo dalla religione, vede, semmai, una ulteriore fioritura di essa.

Ciò accade – continua Marx – in quanto i diritti alla libertà di fede e di culto, diritti riconosciuti proprio dell’"uomo" in quanto tale, indipendentemente dai suoi "diritti di cittadino", "non sono altro che i diritti del membro della società civile, cioè dell’uomo egoista, dell’uomo separato dall’uomo e dalla comunità". "Nessuno dei cosiddetti diritti dell’uomo oltrepassa dunque l’uomo egoista, l’uomo in quanto è membro della società civile, cioè individuo ripiegato su se stesso, sul suo interesse privato e sul suo arbitrio privato, e isolato dalla comunità. Ben lungi dall’essere l’uomo inteso in essi come ente generico, la stessa vita del genere, la società, appare, piuttosto come una cornice esterna agli individui, come limitazione della loro indipendenza originaria. L’unico legame che li tiene insieme è la necessità naturale, il bisogno e l’interesse privato, la conservazione della loro proprietà e della loro persona egoistica".

Siamo qui di fronte a un punto nodale della riflessione di Marx, a un presupposto essenziale delle modalità in cui si configura in lui la stessa ipotesi di comunismo: un termine – e un concetto – quest’ultimo, che non si incontra ancora in Sulla questione ebraica, né in Per la critica, ma che tutta l’argomentazione di Marx appare anticipare: troverà infatti la sua determinazione e il suo dispiegamento l’anno dopo, nei Manoscritti economico-filosofici del 1844.

Radicale è infatti la critica del Marx di questi saggi del 1843 allo Stato politico, lo Stato democratico-borghese quale è emerso dalla Rivoluzione francese: se essa infatti ha costituito un enorme balzo in avanti rispetto al feudalesimo, se solo con essa trae origine la possibilità stessa di una "società civile", entro quest’ultima "l’uomo", il soggetto, "non venne perciò liberato dalla religione, egli ricevette la libertà religiosa. Egli non venne liberato dalla proprietà. Ricevette la libertà della proprietà. Egli non venne liberato dall’egoismo del mestiere, ricevette la libertà del mestiere".

Siamo quindi, ci dice la conclusione di Sulla questione ebraica, di fronte alla realtà di un soggetto scisso, diviso: "L'emancipazione politica e la riduzione dell’uomo, da un lato, a membro della società civile, all’individuo egoista indipendente, dall’altro, al cittadino, alla persona morale".

Si pone perciò la questione di superare la "rivoluzione politica" e, in tal modo, sia lo "Stato" che la "società civile". "Solo quando l’uomo reale, individuale, riassume in sé il cittadino astratto, e come uomo individuale nella sua vita empirica, nel suo lavoro individuale, nei suoi rapporti individuali è divenuto ente generico, soltanto quando l’uomo ha riconosciuto e organizzato le sue "forces propres" come forze sociali, e perciò non separa più da sé la forza sociale nella figura della forza politica, soltanto allora l’emancipazione umana e compiuta".

Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione presenta un’ulteriore, decisiva, elaborazione del concetto stesso, marxiano, di rivoluzione sociale: la individuazione del soggetto collettivo, storicamente determinato, di quella "emancipazione umana" nel cui orizzonte si conclude Sulla questione ebraica: il proletariato.

La "critica della filosofia speculativa del diritto" – questo è il punto di snodo della elaborazione teorica di Marx – "non si perde in se stessa, ma procede ad assolvere compiti per la cui soluzione esiste un unico mezzo: la prassi". Ma perché anche la "prassi" non risulti una parola vuota, essa deve riempirsi di un contenuto storico-sociale reale, concreto, storicamente determinato, che possa costituirsi come arma materiale della critica filosofica.

"Come la filosofia trova nel proletariato le sue armi materiali, così il proletariato trova nella filosofia le sue armi spirituali, e non appena il lampo del pensiero sarà penetrato profondamente in questo ingenuo terreno popolare, si compirà l’emancipazione dei tedeschi a uomini".

La sottolineatura "i tedeschi" è dovuta al fatto che – secondo Marx – l’arretratezza "politica" stessa della Germania, spinge all’estremo limite l’esigenza di un mutamento radicale. Ma è lo stesso Marx, nelle ultime parole del saggio, richiamandosi al "canto del gallo francese", ad anticipare che "l’emancipazione umana" e la prassi rivoluzionaria del proletariato non concernono solo la Germania, ma si pongono come esigenza generalizzata.

Ma perché proprio il proletariato? La risposta di Marx è insieme storica e teorica. E' storica, in quanto "l’irrompente movimento industriale" determina una crescente presenza del proletariato nel corpo produttivo e sociale della nazione. E' teorica, in quanto nel proletariato Marx vede la "formazione di una classe con catene radicali", una classe che "per i suoi patimenti universali possieda un carattere universale" e, pertanto, "che non può emancipare se stessa senza emanciparsi da tutte le rimanenti sfere della società e con ciò stesso emancipare tutte le rimanenti sfere delle società".

Così, in questi due scritti del 1843 ci si presentano tutte le premesse dei Manoscritti dell’anno successivo, che, a loro volta, in stretta connessione con il movimento reale, con le lotte e con l’organizzazione operaia – del proletariato – troveranno un punto di arrivo nel Manifesto del partito comunista. Il percorso intellettuale di Marx troverà il suo inveramento nell’appello alla prassi rivoluzionaria.

 


Ultima modifica 11.01.2003