La Questione delle Abitazioni

Seconda Parte: In che modo il problema della casa viene risolto dalla borghesia

 

I

Nel capitolo sulla soluzione proudhoniana del problema delle abitazioni si è messo in luce in quale misura a tale questione sia direttamente interessata la piccola borghesia. Ma vi ha un interesse notevole, sebbene indiretto, anche la grande borghesia. La scienza naturalistica moderna ha dimostrato che i cosiddetti "quartieri cattivi", nei quali sono pigiati gli operai, costituiscono le sedi d'incubazione di tutte quelle epidemie che di tanto in tanto affliggono le nostre società. Il colera, il tifo, la febbre tifoidea, il vaiolo ed altre malattie devastatrici diffondono i loro germi nell'aria appestata e nell'acqua inquinata di quei quartieri; non vi si estinguono quasi mai, per svilupparsi, non appena lo consentano le circostanze, in morbi epidemici, e allora sconfinano dai loro luoghi d'incubazione per invadere anche le parti della città più ariose e salubri, quelle abitate dai signori capitalisti. Lor signori i capitalisti non possono permettersi impunemente di provocare malattie per la classe lavoratrice; le conseguenze ricadono anche su di loro, e l'angelo sterminatore imperversa fra i capitalisti con la stessa spietata imparzialità che fra i lavoratori.

Non appena accertato scientificamente tutto questo, i borghesi filantropici s'infiammarono di nobile emulazione per la salute dei loro operai. Si fondarono società, si scrissero libri, si abbozzarono proposte, si dibatterono e sancirono leggi per intasare le sorgenti delle sempre ricorrenti epidemie. Si studiarono le condizioni abitative dei lavoratori e si fece il tentativo di porre rimedio agli avvenimenti più clamorosi. Segnatamente in Inghilterra, dove esisteva la maggior parte delle grandi città e dove quindi il fuoco divampava con la massima violenza sotto i piedi della grande borghesia, si sviluppò una grande attività, si nominarono commissioni governative, al fine di studiare le condizioni igieniche della classe lavoratrice; i resoconti inglesi, che si distinguono lodevolmente per precisione, completezza e imparzialità da tutte le fonti continentali, offrirono le basi per formulare leggi nuove, più o meno drasticamente efficaci. Per imperfette che siano, queste leggi superano infinitamente tutto quello che finora si è fatto in questo senso nel continente. E nondimeno l'ordinamento sociale capitalistico riproduce sempre di nuovo gli inconvenienti cui si dovrebbe metter riparo, e li riproduce con tale intensità che anche in Inghilterra il rimedio non ha progredito nemmeno di un passo.

La Germania, come al solito, ebbe bisogno di maggior tempo perché anche in essa le fonti concrete d'epidemia potessero svilupparsi a quel grado d'accuratezza che era necessario per scuotere la grande borghesia assonnata. D'altronde, chi va piano, va sano e va lontano; e quindi anche da noi sorse, alla fine, una letteratura borghese sull'igiene pubblica e sulla questione delle abitazioni: un estratto annacquato di quanto avevano scritto i predecessori stranieri, soprattutto inglesi, che si ammanta delle tendenze truffaldine d'una concezione più elevata grazie all'impiego di frasi altisonanti e solenni. Di questa letteratura fa parte: Dr. Emil Sax, Die Wohnungszustände der arbeitenden Classen und ihre Reform [Le condizioni abitative della classe lavoratrice e la loro riforma], Wien, 1869.

Prendo questo libro per dare un'idea del modo borghese di trattare la questione delle abitazioni, solo perché vi si compie il tentativo di sintetizzare il più possibile la letteratura borghese sull'argomento. E che bella letteratura è quella che serve al nostro autore come "fonte"! Dei resoconti parlamentari inglesi, le vere fonti principali, ne sono citati, facendo i nomi, solo tre, dei più vecchi; l'intero libro dimostra che l'autore non ha preso visione nemmeno di uno di essi; per contro, ci viene presentata tutta una serie di scritti borghesi, zeppi di luoghi comuni, ispirati al benpensantismo filisteo e ipocritamente filantropici: Dupcétiaux, Roberts, Hole, Huber, i dibattiti dei congressi inglesi di scienze (o meglio corbellerie) sociali, la rivista dell'Unione per il Bene della Classe Lavoratrice in Prussia, il resoconto ufficiale austriaco sull'esposizione mondiale di Parigi, i resoconti ufficiali bonapartisti sulla medesima, The Illustrated London News, lo Uber Land und Meer [su terra e mare], e infine, una riconosciuta autorità, "un uomo di idee ingegnose quanto pratiche", di "persuasiva efficacia oratoria", vale a dire Julius Faucher! In questo elenco di fonti mancano soltanto il Kladderadatsch [Pettegolezzi, giornale umoristico-satirico] e il Füsiler Kutschke [Fuciliere August Kutschke, pseudonimo di Gotthelf Hoffmann, autore d'una canzone militare nazionalistica che si cantò durante la guerra franco-prussiana del 1869-71].

Perché sul punto di vista del sig. Sax non possa sorgere alcun equivoco, a pagina 22 egli afferma:

"Per "economia-sociale" intendiamo la dottrina economico-politica nella sua applicazione alle questioni sociali, per esprimerci più precisamente, l'insieme dei mezzi e delle vie che questa scienza ci offre in base alle sue "ferree" leggi nel quadro dell'ordinamento sociale oggi imperante, per elevare le cosiddette (!) classi diseredate al livello delle possidenti".

Non entriamo in merito alla confusa idea secondo cui la "dottrina economico-sociale" si occuperebbe, insieme alle altre, anche di questioni "sociali". Attacchiamo subito il punto principale. Il dottor Sax pretende che le "ferree leggi" dell'economia borghese, il "quadro dell'ordinamento sociale oggi imperante", in altre parole il modo di produzione capitalistico, debba restare immutato, e che però le "cosiddette classi diseredate" debbano essere elevate "al livello delle classi possidenti". Sennonché è un presupposto indispensabile della produzione capitalistica l'esistenza di una non "cosiddetta", ma reale classe diseredata, la quale non ha nulla da vendere se non la sua forza-lavoro, e che è costretta a venderla ai capitalisti industriali. Il compito della nuova scienza dell'economia sociale inventata dal signor Sax consiste dunque in questo: trovare i mezzi e le vie per fare in modo che, (nell'ambito delle condizioni di una società basata sull'antitesi fra capitalisti, detentori di tutte le materie prime, di tutti gli strumenti di produzione e di tutte le derrate da una parte, e dall'altra lavoratori salariati nullatenenti che possono chiamare "propria" solo la loro forza lavoro e null'altro), i salariati possano essere tramutati in capitalisti, senza cessare d'essere salariati. Il signor Sax pensa di avere risolto la questione. Forse egli sarà così gentile da spiegarci come tutti quei soldati dell'esercito francese, ciascuno dei quali, dal tempo del primo Napoleone, recava nel suo zaino il bastone di maresciallo, si possano tramutare in altrettanti feldmarescialli senza che cessino d'essere soldati semplici. O come si può riuscire a fare di tutti i quaranta milioni di sudditi dell'impero tedesco altrettanti imperatori di Germania.

L'essenza del suo socialismo borghese sta nel suo voler mantenere in piedi tutti i mali della società odierna e al tempo stesso di abolirli. I socialisti borghesi, come è già detto nel "manifesto comunista", vogliono "porre riparo agli abusi sociali per assicurare il permanere della società borghese", vogliono "la borghesia senza il proletariato". Abbiamo visto che il signor Sax mette la questione proprio negli stessi termini. La soluzione, egli la trova nel risolvere la questione delle abitazioni, egli è del parere che:

"migliorando le condizioni della classe lavoratrice si porrebbe riparo con successo alla descritta miseria fisica e spirituale e che quindi - solo con questo miglioramento delle condizioni abitative - si trarrebbe la maggior parte di questa classe dalla palude della sua esistenza spesso pressoché indegna d'uomo e la si solleverebbe alle pure altezze del benessere materiale e spirituale" (pagina 14).

Tra parentesi, è nell'interesse della borghesia tener nascosta l'esistenza di un proletariato creato dai rapporti di produzione borghesi e mantenuto in vita dai medesimi. Per questo il nostro Sax, a pagina 21, ci viene a raccontare che per classi lavoratrici vanno intese tutte le "classi sociali prive di mezzi", "il popolino in genere, come artigiani, vedove, pensionati (!), impiegati subalterni ecc.", oltre ai lavoratori veri e propri. Il socialismo borghese tende la mano al piccolo borghese.

E donde proviene la penuria di abitazioni? Come si è originata? Da buon borghese, il signor Sax non può sapere che essa è un prodotto necessario della forma di società borghese; che non può sussistere, senza la penuria di abitazioni, una società in cui la gran massa lavoratrice non ha nessuna altra risorsa che il salario del suo lavoro, da cui trarre tutti i mezzi necessari alla sua esistenza e alla sua riproduzione; in cui i perfezionamenti a getto continuo dei macchinari ecc. gettano nella disoccupazione masse di lavoratori; in cui violente fluttuazioni industriali a ritmo regolare provocano da una parte l'esistenza d'una numerosa riserva di lavoratori disoccupati, dall'altra gettano temporaneamente sul lastrico la gran massa di operai senza lavoro; in cui i lavoratori sono ammassati e pigiati nelle grandi città, e ad un ritmo più rapido di quello a cui, nelle attuali condizioni, possono costruirsi le abitazioni per loro; una società in cui, dunque, si deve trovar denaro anche per pagare la pigione anche dei cortili più abietti; in cui, per finire, nella sua qualità di capitalista, il padrone di casa non ha solo il diritto, bensì, grazie alla concorrenza, anche in un certo qual modo il dovere, di ricavare spietatamente dalla sua proprietà i fitti più alti. In una società del genere la penuria di abitazioni non è un caso, è un'istituzione necessaria, può essere abolita, insieme a tutti gli effetti che sortisce sull'igiene e via dicendo, solo se viene sovvertita dalle fondamenta l'intera società da cui scaturisce. Ma tutto questo il socialismo borghese non può saperlo. Non può spiegarsi la penuria d'abitazioni in base ai rapporti da cui nasce. E quindi non gli resta altro mezzo che spiegarla con frasi moralistiche in base alla cattiveria degli uomini, diremmo quasi in base al peccato originale.

"E qui non possiamo non riconoscere - e quindi nemmeno negare" (audace conclusione!) "che la colpa (...) sta da una parte nei lavoratori stessi, in coloro che richiedono le abitazioni, dall'altra, e invero di gran lunga la maggior parte, in coloro che s'incaricano di soddisfare questo bisogno, ovvero che, pur disponendo dei mezzi necessari, non se ne incaricano, nelle classi possidenti, superiori, della società. La colpa che hanno queste ultime (...) consiste nel non curarsi di far sì che si abbia un'offerta sufficiente di buone abitazioni".

Ecco, dunque, che il nostro socialista borghese ci trasporta dall'economia alla morale, così come Proudhon ci aveva trasportati dall'economia alla giurisprudenza. Non vi è nulla di più naturale. A chi dichiara intangibili i modi di produzione capitalisti, le "leggi naturali" dell'odierna società borghese, eppure pretende di abolirne le incresciose ma necessarie conseguenze, non resta nient'altro che tenere prediche morali ai capitalisti, prediche morali i cui toccanti effetti sono riconvertiti immediatamente in fumo dall'interesse privato e, qualora occorra, dalla concorrenza. Queste prediche morali somigliano esattamente a quelle che la gallina teneva ai bordi dello stagno in cui nuotavano allegramente gli anatroccoli che essa aveva covato. Gli anatroccoli vanno nell'acqua, anche se traditrice, e i capitalisti si buttano sul profitto anche se non c'è cuore. "Nelle faccende di denaro la cordialità non c'entra" [14], diceva il vecchio Hansemann, che se ne intendeva meglio il signor Sax.

"I buoni appartamenti sono ad un prezzo così alto che alla massima parte dei lavoratori è assolutamente impossibile potersene servire. Il grande capitale (...) si tiene pavidamente alla larga dalle abitazioni delle classi lavoratrici (...) Ecco quindi che queste, con il loro fabbisogno d'abitazioni, cadono per la massima parte preda della speculazione".

Speculazione disgustosa! Ma, naturalmente, il grande capitale non specula mai! Non è mala volontà, e solo l'ignoranza che impedisce al grande capitale di fare speculazioni sulle case per operai:

"I padroni di casa non sanno affatto quale ruolo grande e importante (...) abbia il normale soddisfacimento del bisogno d'abitazioni, non sanno cosa fanno alla gente offrendole irresponsabilmente, com'è di regola, abitazioni cattive, malsane, e infine non sanno quanto danneggiano in tal modo se stessi" (pagina 27).

Ma l'ignoranza dei capitalisti ha bisogno dell'ignoranza dei lavoratori, per generare insieme ad essa la penuria d'abitazioni. Dopo aver ammesso che gli "strati più bassi" dei lavoratori, "per non restare completamente senza tetto sono costretti a cercare dovunque e comunque un ricovero per la notte (!) e che per questo aspetto sono del tutto privi di difesa e aiuto", il signor Sax ci racconta:

"È, in verità, un fatto universalmente noto quanti fra di essi" (i lavoratori) "privino il loro corpo delle condizioni proprie dello sviluppo naturale e di una sana esistenza per leggerezza, ma prevalentemente per ignoranza, si potrebbe quasi dire con una sorta di virtuosismo, non avendo la più pallida idea delle razionali misure igieniche e in particolare dell'enorme importanza che nell'ambito di esse spetta all'abitazione" (pagina 27).

Ma ora spunta l'orecchio d'asino borghese. Mentre per i capitalisti la "colpa" si era volatilizzata nell'ignoranza, per i lavoratori l'ignoranza è solo occasione di colpa. Udite:

"Avviene quindi" (cioè per via dell'ignoranza) "che pur di risparmiare qualcosa sull'affitto, essi si riducano in abitazioni oscure, umide, insufficienti, in una parola irridenti a tutte le esigenze dell'igiene (...) e spesso più famiglie affittino insieme un unico appartamento, anzi un'unica camera - e tutto questo per spendere il meno possibile per la casa, mentre nel bere e in futili piaceri di ogni sorta scialacquano in modo veramente peccaminoso i loro guadagni".

Il denaro che i lavoratori scialacquano in "acquavite e tabacco" (pagina 26), il "tempo passato all'osteria che, con tutte le sue deplorevoli conseguenze, come una palla di piombo, trascina sempre più la condizione dell'operaio nel fango", di fatto sta sullo stomaco al signor Sax come una palla di piombo. Che, date le condizioni esistenti, l'alcolismo fra i lavoratori sia un effetto inevitabile delle loro condizioni di vita, altrettanto inevitabile del tifo, del delitto, degli insetti parassiti, dell'usciere e di altre malattie sociali, a tal punto inevitabile da potersi calcolare in anticipo la media delle vittime dell'alcolismo, il signor Sax non può sapere nemmeno questo. Del resto già un mio vecchio maestro di scuola elementare diceva: "la gente comune va alla bettola, i signori vanno al club", ed essendomi trovato io nell'uno e nell'altro caso, posso testimoniare che egli aveva ragione.

Tutte le chiacchiere sull'"ignoranza" delle due parti vanno a parare nei vecchi modi di dire sull'armonia di interesse fra capitale e lavoro. Se i capitalisti conoscessero il loro vero interesse, procurerebbero buone case ai lavoratori, sistemando meglio questi ultimi; e se i lavoratori conoscessero il loro vero interesse, non farebbero scioperi, non farebbero della socialdemocrazia, non farebbero politica, ma seguirebbero a puntino i loro superiori, cioè i capitalisti. Disgraziatamente entrambe le parti trovano il loro interesse in tutt'altra sede che nelle prediche del signor Sax e dei suoi numerosi precursori. Il vangelo dell'armonia tra capitale e lavoro sono già cinquant'anni che lo si va predicando; la filantropia borghese ha speso un bel po' di denaro sonante per mostrarla, quest'armonia, per mezzo di aziende modello e, come vedremo, oggi siamo allo stesso punto di cinquant'anni fa.

Ma ecco che il nostro autore viene alla soluzione pratica della questione. Quanto poco fosse rivoluzionaria la proposta di Proudhon di fare dei lavoratori altrettanti proprietari dei loro appartamenti, emerge già dal semplice fatto che, ancor prima di lui, aveva tentato (e tenta ancora) di tradurla in pratica il socialismo borghese. Anche il signor Sax dichiara che la questione delle abitazioni sarà risolta completamente solo col passaggio della proprietà della casa ai lavoratori (pagine 58 e 59). A questo pensiero, anzi, egli cade in preda ad un'estasi poetica, prorompendo nel seguente slancio d'entusiasmo:

"Vi è qualcosa di peculiare nella brama di possedimento terriero che è insita in ogni uomo, un impulso che non è stato capace d'indebolire nemmeno la febbrile vita commerciale d'oggi. Questo qualcosa è il senso inconscio dell'importanza che ha la conquista economica e che viene rappresentata dal possedimento terriero. Con questo l'uomo consegue un sostegno più sicuro, per così dire, mette salde radici in terra, ed ogni economia (!) ha in questo la base più durevole. Non solo, ma la forza benefica del possedimento terriero va ben oltre questi vantaggi materiali. Chi è tanto felice di avere una proprietà fondiaria, ha raggiunto il grado d'indipendenza economica più alta che si possa immaginare: ha una sfera in cui può farla da padrone sovrano, ne è il padrone vero e proprio; possiede un certo potere e un ricovero sicuro per i tempi difficili; egli accresce la coscienza di sé medesimo e, con essa, la sua forza morale. Di qui la profonda importanza che la proprietà ha nella questione presente (...) Il lavoratore, oggi esposto irreparabilmente alle vicissitudini della congiuntura, nella sua perpetua dipendenza dal datore di lavoro, fino ad un certo punto verrebbe sottratto a questa situazione precaria, egli diverrebbe capitalista, e sarebbe assicurato contro i pericoli della disoccupazione o dell'inabilità al lavoro dal credito immobiliare che sarebbe sempre a sua disposizione. Eccolo quindi assurto da quella dei nullatenenti alla classe degli abbienti" (pagina 63).

Il signor Sax sembra presupporre che l'uomo per natura sia contadino, altrimenti non attribuirebbe agli operai delle nostre grandi città un nostalgico desiderio di possesso fondiario che peraltro nessuno ha mai scoperto in essi. Per gli operai delle nostre grandi città la prima condizione vitale è la libertà di movimento, e la proprietà fondiaria non può essere altro che una catena, per essi. "Procurate loro una casa in proprietà, incatenateli di nuovo alle zolle, ed ecco che spezzerete la loro capacità di resistenza contro la politica di riduzione salariale condotta dagli industriali". Il lavoratore singolo può ben vendere, all'occorrenza, la sua casetta; ma, in una situazione difficile o in una crisi generale dell'industria, tutte le case di proprietà dei lavoratori dovrebbero, per essere vendute, fare i conti col mercato, e quindi o non troverebbero compratori o sarebbero vendute ad un prezzo assai inferiore a quello di costo. E, qualora trovassero tutti un compratore, ecco che tutta la gran riforma delle abitazioni propugnata dal signor Sax si risolverebbe ancora nel nulla, ed egli dovrebbe ricominciare da capo. Eppure i poeti vivono in un mondo immaginario, e così anche il signor Sax, il quale s'immagina che il padrone d'immobili, abbia "raggiunto il grado supremo d'indipendenza economica" ed abbia "un ricovero sicuro", "diverrebbe capitalista e sarebbe assicurato contro i pericoli della disoccupazione o dell'inabilità al lavoro dal credito immobiliare, che sarebbe a sua disposizione" ad ogni momento ecc. Ebbene, il signor Sax consideri i piccoli coltivatori diretti francesi o i nostri della Renania; hanno case e campi seppelliti da cumuli d'ipoteche, il loro raccolto appartiene ai creditori ancora prima di essere mietuto, e sul "loro territorio" la fanno da padrone, sovranamente, non essi medesimi, bensì lo strozzino, l'avvocato e l'usciere. Questo è davvero il più alto grado pensabile d'indipendenza economica: per lo strozzino! E perché gli operai possano recare le loro casette sotto la sovranità dell'usuraio al più presto possibile, il benigno signor Sax addita loro premurosamente il credito immobiliare aperto loro ad ogni momento, di cui possono servirsi in caso di disoccupazione e d'inabilità al lavoro, invece di gravare sulla pubblica assistenza.

Ad ogni modo il signor Sax ha ora risolto la questione posta all'inizio: il lavoratore "diventa capitalista" con l'acquisto di una sua propria casetta.

"Capitale" è il comandare sul lavoro altrui non retribuito. La casetta dell'operaio, quindi, diventa capitale solo e non appena egli l'affitti ad un terzo e si appropri, sotto forma di pigione, una parte del prodotto di costui. Finché la casa è abitata dal lavoratore stesso, è impedita dall'essere capitale, né più né meno di un abito che cessa d'essere capitale nel momento stesso che lo compero e l'indosso. Un lavoratore, che possegga una casetta del valore di mille talleri, certo non è più un proletario, ma bisogna essere proprio un signor Sax per chiamarlo "capitalista".

Il capitalismo del nostro operaio, ha però un altro aspetto ancora. Poniamo che in una data regione industriale sia diventato normale che ogni operaio possegga la sua casetta. In questo caso la classe operaia di quella regione abita gratuitamente; del valore della sua forza lavoro non fanno più parte le spese per l'abitazione. Ma ogni riduzione dei costi di produzione della forza lavoro, cioè ogni durevole deprezzamento dei bisogni vitali del lavoratore, "in forza delle ferree leggi dell'economia politica", si risolve nel ridurre il valore della forza lavoro e finisce quindi per l'avere come conseguenza una corrispondente caduta del salario. Quest'ultimo, quindi, verrebbe decurtato in media del valore medio della pigione risparmiata, vale a dire che il lavoratore pagherebbe l'affitto della sua propria casa non più, come prima, in denaro al padrone, ma in lavoro non retribuito all'industriale per cui lavora. In tal modo i risparmi dell'operaio investiti nella casetta diventerebbero si, in un certo qual modo, capitale, ma non per lui, bensì per il capitalista che gli dà lavoro.

Ecco dunque che il signor Sax non riesce nemmeno sulla carta a tramutare il suo operaio in un capitalista.

Tra parentesi, quanto si è detto sopra vale per tutte le cosiddette riforme sociali che mirano al risparmio o al buon mercato dei mezzi di sussistenza dell'operaio. O questi vanno a buon mercato per tutti, e allora ne consegue una corrispondente riduzione di salario, o restano esperimenti del tutto isolati, e allora il loro verificarsi è una mera eccezione che dimostra come la loro attuazione su larga scala sia inconciliabile con i modi di produzione capitalistici attualmente esistenti. Supponiamo che, introducendo cooperative di consumo su larga scala, in una regione si riesca ad abbassare del venti percento il costo dei beni alimentari per gli operai, a lungo andare il loro salario dovrebbe calare di circa il venti percento, cioè della stessa percentuale in cui gli alimenti in questione fanno parte del costo della vita degli operai. Se ad esempio l'operaio impiega in media i tre quarti del suo salario settimanale in alimentari, il suo salario finisce col ridursi del 3/4 X 20 = 15%. Insomma, non appena si realizzi una simile forma di risparmio, l'operaio riceverà, nella stessa percentuale, un salario inferiore alle possibilità di vivere a buon mercato offerte dai propri risparmi. Date ad ogni operaio un reddito annuale risparmiato, indipendente, di 52 talleri, e il suo salario settimanale dovrà finire col ridursi di un tallero. Dunque, tanto più egli risparmia, tanto minor salario riceve. Egli, allora, risparmia non nel suo proprio interesse bensì per quello del capitalista. Che altro si desidera per "incitarlo al massimo grado (...) alla prima virtù economica, al senso del risparmio"? (pag. 64).

Del resto il signor Sax soggiunge anche lui che gli operai devono diventare proprietari di case non tanto nel loro interesse quanto in quello dei capitalisti:

"Non il ceto operaio, però, ma la società nel suo insieme ha l'interesse supremo nel vedere il maggior numero possibile di suoi membri vincolati al suolo"

(Mi piacerebbe vedere il signor Sax in questa posizione!).

"(...) Tutte le forze riposte che fanno divampare quel vulcano che è chiamato "questione sociale" e che ci arde sotto i piedi, l'esacerbazione proletaria, l'odio (...) le pericolose confusioni concettuali (...) dovranno svanire come nebbia al sole allorché (...) in tal modo gli operai stessi entreranno a far parte della classe dei proprietari" (pag. 65).

In altre parole, il signor Sax spera che, grazie ad uno spostamento della loro posizione proletaria, che dovrebbe essere prodotto dell'acquisto della casa, i lavoratori perdano anche il loro carattere di proletari e diventino anch'essi degli ubbidienti sornioni quali furono i loro antenati, che erano del pari padroni di case. I proudhoniani dovrebbero prendere atto di questo.

Ed ecco che il signor Sax crede di aver risolto la questione sociale:

"La giusta ripartizione dei beni, l'enigma che invano molti hanno tentato di risolvere, non ci sta davanti come un fato palpabile, non è perciò distolta dalle regioni degli ideali e immessa nella sfera della realtà? E se la si realizza, non si è raggiunta perciò stesso una delle mete supreme che si pongono come culmine delle loro teorie anche i socialisti più estremisti?" (pag. 66).

È una fortuna che ci siamo fatti largo per giungere sin qui. Questo grido di giubilo costituisce infatti il "culmine" del libro saxiano, e d'ora in poi si scivola giù dolcemente dalle "regioni degli ideali" nella banale realtà, e quando saremo arrivati in basso, troveremo che in nostra assenza non è mutato nulla, ma proprio nulla.

Il primo passo in discesa, la nostra guida ce lo fa compiere insegnandoci che esistono due ordini di abitazioni per operai: quello del cottage, per cui ogni famiglia operaia ha la sua propria casetta e possibilmente il suo giardino, come in Inghilterra, e quello delle caserme, cioè di grandi edifici che comprendono molti appartamenti per operai, come a Parigi, Vienna ecc. A mezzo fra i due sta il sistema che si segue abitualmente nella Germania settentrionale. Ora il sistema del cottage sarebbe l'unico giusto e l'unico grazie al quale l'operaio potrebbe acquistare la proprietà della sua casa; per di più il sistema della caserma presenterebbe grandi svantaggi per l'igiene, la morale e la pace domestica; ma, per colmo di sfortuna, il sistema del cottage non è attuabile per via dell'elevato costo delle aree, e non lo è proprio nei centri dove è più acuta la penuria delle abitazioni, cioè nelle grandi città, e ci si potrebbe accontentare se, invece di grandi casermoni, si potessero costruire case con appartamenti da quattro a sei, o si rimediasse ai difetti fondamentali della caserma per mezzo di opportuni espedienti edilizi (pagg. 71-92). Abbiamo fatto un bel po' di discesa, vero? La trasformazione degli operai in capitalisti, la soluzione della questione sociale, la casa di proprietà di ciascun lavoratore - tutto questo è restato su, nelle "regioni degli ideali", non ci resta altro, perciò, che darci da fare per introdurre il sistema del cottage nelle campagne, ed erigere nelle città le caserme per lavoratori nel modo più tollerabile che sia consentito.

La soluzione borghese della questione della casa è, per propria ammissione, fallita; fallita nel contrasto fra città e campagna. E qui siamo giunti al cuore della questione. Il problema delle abitazioni potrà essere risolto solo se la società sarà rivoluzionata abbastanza perché si possa procedere all'abolizione di quel contrasto fra città e campagna che nell'odierna società capitalistica è spinto all'estremo. Ben lungi dal poter abolire tale contrasto, la società capitalista deve al contrario acuirlo ogni giorno di più. E l'hanno giustamente già riconosciuto i primi socialisti utopici moderni, Owen e Fourier. Nei loro caseggiati modello non esiste più contrasto fra città e campagna. Avviene, quindi, il contrario di quel che pretende il signor Sax: non è la stessa soluzione del problema delle abitazioni che risolve al tempo stesso la questione sociale, ma solo la soluzione di questa rende possibile al tempo stesso quella del problema della casa. Pretendendo di risolvere quest'ultimo mantenendo in vita le moderne metropoli è un controsenso. Ma le moderne metropoli saranno eliminate solo con l'abolizione dei modi di produzione capitalistici, e quando si sarà cominciato a far questo, si tratterà di ben altre cose che di procurare ad ogni lavoratore una casetta di sua proprietà.

Sulle prime, però, ogni rivoluzione sociale dovrà prendere le cose così come le trova e porre riparo ai mali più conclamati con i mezzi di cui dispone. E qui abbiamo già visto che alla penuria di abitazioni si può porre riparo con l'espropriazione di una parte delle case di lusso che appartengono alle classi possidenti e con l'assegnazione della parte rimanente. Nel proseguo il signor Sax torna a prendere le mosse dalle grandi città e discorre in lungo e in largo di "colonie" operaie che dovrebbero essere sistemate accanto alle città, e ci descrive tutte le meraviglie di siffatte colonie, che hanno "condutture d'acqua, illuminazione a gas, riscaldamento ad aria o ad acqua calda, lavanderie, essiccatoi, bagni e simili", il tutto centralizzato, che hanno "asilo nido, scuola, sala di preghiera (!), sala di lettura, biblioteca (...) spaccio di vino e birra, sala da ballo e musica in piena regola", che hanno forza motrice e vapore distribuita in tutti gli appartamenti in modo tale che "in certa misura la produzione può essere ricondotta dalle fabbriche nelle officine domestiche"; ma nulla di tutto questo apporta un qualche mutamento sostanziale. Quale egli la descrive, la colonia il signor Huber la prende direttamente in prestito dai socialisti Owen e Fourier, borghesizzandola con la semplice espulsione di quanto vi è di socialista. Ma in tal modo essa diventa più che mai utopistica. Nessun capitalista ha interesse a fondare simili colonie, che infatti non esistono in nessuna parte del mondo tranne che a Guise, in Francia; ed è colonia fondata da un fourieriano, non come una speculazione redditizia, bensì come esperimento socialista [*2]. Il signor sax avrebbe potuto citare benissimo a favore delle sue progettazioni borghesi anche la colonia comunista Harmony Hall fondata nello Hampshire da Owen agli inizi degli anni quaranta e sparita ormai da un pezzo.

Tutto questo chiacchierare di colonizzazione, però, non è che un fiacco tentativo di rivolare nelle alte "regioni degli ideali", tentativo che viene lasciato cadere anch'esso ben presto. Ora riprendiamo a scendere spensieratamente. La soluzione più semplice è quella per cui:

"I datori di lavoro, i padroni di fabbrica, aiutino gli operai a procurarsi delle abitazioni convenienti, sia costruendole essi medesimi, sia incoraggiando e sostenendo i lavoratori in una loro attività edilizia, col mettere a loro disposizione le aree, con l'anticipare i capitali e via dicendo" (pagina 106).

Ed eccoci di nuovo fuori dalle grandi città, in cui non si può parlare di tutto questo, e ricacciati nella campagna. Il signor Sax ci dimostra ora che qui è interesse degli industriali medesimi aiutare i loro operai a procurarsi abitazioni tollerabili, da una parte come un buon investimento di capitali, dall'altra perché ne risulterebbe immancabilmente

"un'elevazione degli operai (...) che comporterebbe necessariamente un aumento della forza lavoro fisica e mentale, che naturalmente (...) tornerebbe a vantaggio non minore (...) dello stesso datore di lavoro. Ma con questo, ecco che si è dato già il punto di vista esatto per coinvolgere i datori di lavoro nella questione delle abitazioni: questa appare come uno sbocco dell'associazione latente, di quella preoccupazione che, rivestita per lo più di sforzi umanitari, i datori di lavoro hanno per il bene fisico ed economico, intellettuale e morale dei loro lavoratori e che sul piano pecuniario si ricompensa da sé con i suoi effetti, cioè educando e assicurando una classe operaia onesta, abile, volenterosa; soddisfatta e sottomessa" (pagina 108).

Quell'impagabile "associazione latente", con cui Huber [16] cerca di conferire un "senso più elevato" al vaniloquio borghese-filantropico, non cambia nulla nella sostanza delle cose. Anche senza questa solenne locuzione, i grandi industriali rurali, soprattutto in Inghilterra, si sono accorti da tempo che la costruzione di case per gli operai è non solo una necessità, una parte degli stessi impianti di fabbrica, ma rende altresì molto. In Inghilterra sono sorti in tal modo interi villaggi, taluni dei quali si sono sviluppati in città. Sennonché, invece d'essere grati ai filantropici capitalisti, i lavoratori da allora hanno mosso obiezioni assai significative al "sistema del cottage". Hanno obiettato non solo che essi devono sborsare un prezzo di monopolio per le case, perché gli industriali non hanno concorrenti, ma altresì che ad ogni sciopero si vengono a trovare subito senza tetto, poiché l'industriale li mette alla porta su due piedi, e rende così molto difficile ogni resistenza. Tutti i particolari al riguardo si possono leggere nel mio La situazione della classe operaia in Inghilterra, pagine 224 e 228. Ma il Signor Sax ritiene che queste obiezioni "non meritino quasi alcuna confutazione" (pagina 111). Non vuole forse egli procurare al lavoratore la proprietà della sua casa? Certo, ma siccome "i datori di lavoro dovrebbero essere in grado di disporre sempre dell'abitazione per avere di che alloggiare un nuovo operaio che sostituisca uno licenziato", ecco farsi evidente la necessità di provvedere, in quei casi, con "un accordo alla revocabilità"! (Pagina 113). [*3]

Questa volta, inaspettatamente, siamo scesi a precipizio. Dapprima si era detto: la casetta di proprietà del lavoratore; poi ci si viene a dire che questo è impossibile nelle città ed è attuabile solo in campagna; ora ci si afferma che, anche in campagna, questa proprietà deve essere addirittura revocabile tramite accordo! Con tutta questa nuova sorta di proprietà per i lavoratori scoperta del signor Sax, con la trasformazione dei lavoratori stessi in capitalisti "revocabili per accordo" siamo felicemente riatterrati in pianura, e qui dobbiamo esaminare che cosa abbiano fatto realmente per risolvere la questione delle abitazioni i capitalisti e gli altri filantropi.

II

Se dobbiamo credere al nostro dottor Sax, da parte dei signori capitalisti si è fatto già qualcosa di considerevole per mettere riparo alla penuria d'abitazioni, e si è fornita la prova che la questione della casa è risolvibile in base ai modi capitalisti di produzione.

Prima d'ogni altra cosa il signor Sax ci adduce l'esempio della Francia bonapartista! Com'è noto, al tempo dell'esposizione mondiale di Parigi, Luigi Bonaparte istituì una commissione, apparentemente perché riferisse sulle condizioni della classe operaia francese, in realtà per descriverle come veramente paradisiache, a maggior gloria dell'impero. Ed è al resoconto di questa commissione, composta dagli arnesi più corrotti del bonapartismo, che si richiama il signor Sax, in particolare anche perché i risultati del loro lavoro sono, "secondo la dichiarazione dallo stesso comitato perciò istituito, abbastanza complete per la Francia"! E quali sono questi risultati? Su 89 grandi industriali e relative società per azioni che hanno dato informazioni, 31 non hanno costruito affatto case per lavoratori; le case costruite, secondo la stima dello stesso Sax, hanno dato abitazione al massimo a 50-60.000 persone, e gli appartamenti consistono quasi esclusivamente di due camere per famiglia!

È ovvio che ogni capitalista vincolato ad una determinata località rurale dalle condizioni della sua industria (energia idraulica, posizione delle cave di carbone, giacimenti di ferro e miniere d'altro genere ecc.), debba costruire abitazioni per i suoi operai, se non ve ne sono. Scorgere in tutto questo una prova dell'esistenza dell""associazione latente", "una parlante testimonianza della crescente comprensione per il problema e della sua alta importanza", un "inizio assai promettente" (pag. 115) significa un'abitudine assai pronunciata a bersela di grosso. Del resto, anche a questo proposito gli industriali dei vari paesi si distinguono secondo il rispettivo carattere nazionale. Ad esempio, a pagina 117, il Sax ci racconta quanto segue:

"Solo in questi ultimi tempi si fa percettibile in Inghilterra un'accresciuta attività in tale direzione da parte dei datori di lavoro. Sono da rilevare soprattutto i casolari sperduti nella campagna (...) Il fatto che abbastanza spesso gli operai hanno da percorrere fino alla fabbrica un lungo cammino dalla località più prossima, e che quindi già per questo vi giungono tardi e forniscono un lavoro insufficiente, offre per lo più ai datori di lavoro il motivo per costruire abitazioni per le loro maestranze. Aumenta però anche il numero di coloro che, grazie ad una più profonda comprensione della situazione, mettono più o meno in rapporto con la riforma delle abitazioni tutti gli altri elementi dell'associazione latente, ed a questi devono la loro origine quelle fiorenti colonie (...) Per tale ragione sono ben noti nel Regno Unito i nomi di un Ashton a Hyde, d'un Ashworth a Turton, d'un Grant a Bury, d'un Greg a Bollington, d'un Marshall a Leeds, d'uno Strutt a Belper, d'un Salt a Saltaire, d'un Ackroyd a Copley ed altri".

Santa semplicità e ancor più santa ignoranza! Solo in "questi ultimi tempi" gli industriali rurali inglesi hanno costruito case per i lavoratori! No, caro signor Sax, i capitalisti inglesi sono veri grandi industriali non solo per la borsa, ma anche per la testa. Assai prima che in Germania si avesse una vera e propria grande industria, essi si erano accorti che nelle fabbriche dislocate in campagna l'esborso investito in case per gli operai è una parte necessaria, direttamente e indirettamente assai redditizia, dell'intero capitale d'investimento. Assai prima che la lotta fra Bismarck e la borghesia tedesca donasse ai lavoratori tedeschi la liberà di coalizione, in Inghilterra gli industriali, i padroni di miniere e stabilimenti metallurgici avevano appreso praticamente di quale pressione si rendevano capaci sui lavoratori scioperanti col diventare al tempo stesso i loro locatori.

"Le fiorenti colonie" di un Greg, di un Ashton, di un Ashworth appartengono a "questi ultimi tempi" a tal punto che è già da quarant'anni che la borghesia le va strombazzando per modelli, come già ventotto anni oro sono scrivevo io stesso (La condizione della classe operaia, pagg. 228-230, nota). Della stessa epoca sono anche quelle di Marshall e Akroyd (questa è la grafia esatta del nome) e ancora più antiche, giacché risalgono ai primordi del secolo scorso, sono quelle di Strutt. E poiché in Inghilterra si ritiene che la durata media di un'abitazione per operai sia di quarant'anni, il signor Sax può contarsi da sé sulle dita in che condizione di fatiscenza si trovino ora quelle "fiorenti colonie". Per giunta la maggioranza di esse ora non è più in zona rurale; il gigantesco estendersi dell'industria ha circondato le più di esse con fabbriche e caseggiati al punto che si trovano inglobate in sudicie e fumose città di 20-30.000 e più abitanti; ciò non impedisce alla scienza borghese tedesca rappresentata dal signor Sax di continuare ancora oggi a recitare fedelmente le litanie laudative inglesi del 1840, che in realtà non sono più attuali.

E veniamo ora al vecchio Akroyd! Questo grand'uomo era sicuramente un filantropo della più bell'acqua. Amava i suoi operai e in particolare le sue operaie, a tal punto che i suoi meno filantropi concorrenti dello Yorkshire erano soliti dire di lui che mandava avanti la sua fabbrica esclusivamente con i propri figli! In verità il signor Sax afferma che in quelle fiorenti colonie "si fanno sempre più rare le nascite illegittime" (pag. 118). Certo, nascite illegittime al di fuori del matrimonio; nelle zone industriali inglesi, infatti, le ragazze carine si sposano molto giovani.

In Inghilterra le abitazioni degli operai sono strettamente attigue a ciascuno dei grandi stabilimenti rurali e da sessant'anni e più a questa parte sorgono di regola contemporaneamente allo stabilimento. Come si è già detto, molti di questi villaggi industriali sono diventati il nucleo attorno al quale poi è sorta un'intera città industriale, con tutti gli inconvenienti che essa comporta. Queste colonie, dunque, non hanno risolto il problema delle abitazioni, ma lo hanno creato nella rispettiva località.

Per contro, nei paesi che in fatto di grande industria hanno arrancato dietro all'Inghilterra, e che solo dal 1848 hanno imparato che cosa sia davvero una grande industria, in Francia e particolarmente in Germania, le cose stanno ben diversamente. Vi sono soltanto gigantesche officine e fabbriche, e solo dopo lunghe esitazioni i capitalisti si decidono a costruire qualche casa per i lavoratori, com'è avvenuto nelle officine Schneider a Creusot e in quelle Krupp ad Essen. La stragrande maggioranza degli industriali di campagna lascia che i loro operai trottino per miglia sotto il caldo, la neve e la pioggia, la mattina per recarsi in fabbrica e la sera per tornare a casa. Ciò avviene soprattutto nelle regioni di montagna, nei Vosgi francesi e alsaziani, come pure lungo il Wupper, il Sieg, l'Agger, il Lenne ed altri fiumi renano-westfaliani. Né le cose vanno meglio nell'Erzgebirge. La stessa meschina spilorceria è tanto nei tedeschi quanto nei francesi.

Il signor Sax sa benissimo che tanto i promettenti inizi quanto le fiorenti colonie significano meno di nulla. E quindi cerca di far vedere ai capitalisti quale magnifico reddito possano trarre dal costruire case per gli operai. In atre parole cerca di mostrar loro un nuovo modo per imbrogliare gli operai.

Anzitutto presenta loro l'esempio di tutta una serie di società edilizie londinesi che, di natura in parte filantropica in parte speculativa, hanno realizzato un guadagno netto dal 4 al 6% e più. Che il capitale investito in case per i lavoratori renda bene, non occorre che venga il signor Sax a dimostrarcelo. Le ragioni per cui non ve lo si investe più di quanto avviene, è che le abitazioni di lusso rendono ancora meglio ai proprietari. L'esortazione che il signor Sax rivolge ai capitalisti, quindi, si risolve in una mera predica morale.

Per quanto concerne le società edilizie londinesi, i cui brillanti successi il signor Sax strombazza a gran voce, secondo i loro stessi calcoli, nei quali è compresa qualsivoglia speculazione edilizia, hanno costruito in tutto alloggi per 2132 famiglie e per 706 scapoli, cioè per meno di 15.000 persone! E in Germania si ha il coraggio di presentare seriamente come grandi successi inezie del genere, mentre nella sola zona orientale di Londra un milione di lavoratori vive nelle più miserabili condizioni abitative? In realtà tutti codesti sforzi filantropici sono così miseramente futili che non se ne fa mai la minima menzione nei resoconti parlamentari inglesi concernenti la situazione degli operai.

In questa sede non vogliamo entrare in merito alla ridicola ignoranza della situazione londinese, di cui si dà prova in tutto questo capitolo. Ci limitiamo a rilevare una sola cosa: che il sig. Sax ritiene che nel quartiere di Soho le pensioni per uomini soli siano sparite perché non vi "si poteva contare su una numerosa clientela". Il sig. Sax, infatti, si immagina tutta la parte occidentale di Londra come un'unica città di lusso, e non sa che proprio dietro le strade più eleganti sono i più sordidi quartieri operai, uno dei quali è ad est di Soho. La pensione modello di Soho della quale egli parla e che io conosco ormai da ventitré anni, ebbe agli inizi una gran quantità di clienti, ma dovette chiudere perché nessuno se la sentiva di alloggiarvi. E dire che era, tutto sommato, una delle migliori.

Prendiamo ora la città operaia di Mülhausen in Alsazia: è anche questa un successo?

La città operaia di Mülhausen è il gran cavallo di battaglia dei borghesi continentali, né più né meno come le un tempo fiorenti colonie di Ashton, Ashworth, Greg e similari lo sono degli inglesi. Purtroppo è il prodotto dell'associazione non "latente", bensì palese fra il secondo impero francese e i capitalisti alsaziani. Fu uno degli esperimenti socialisti di Luigi Bonaparte, un esperimento per il quale lo Stato anticipò un terzo del capitale. Nel giro di quattordici anni (fino al 1867) ha costruito 800 minuscole casette, secondo un sistema difettoso, impossibile in Inghilterra, dove ci si intende meglio di queste cose, lasciandone la proprietà ai lavoratori, dietro corresponsione mensile d'un elevato canone d'affitto, dopo 13-15 anni. Questa sorta di acquisto di proprietà, introdotto da tempo, come s'è visto, nelle società edilizie cooperative inglesi, non occorreva che fosse inventato dai bonapartisti alsaziani. Le maggiorazioni di affitto per l'acquisto delle case sono abbastanza forti rispetto a quelle inglesi; dopo aver sborsato a poco a poco 4.500 franchi in quindici anni, ad esempio, il lavoratore riceve una casa che quindici anni prima aveva un valore di 3.300 franchi. Qualora il lavoratore voglia traslocare o resti in arretrato sia pure di un solo mese di affitto (nel quale caso può essere sfrattato), gli si addebita il 6 2/3% del valore originario della casa come affitto annuo (ad esempio 17 franchi al mese su 3.000 franchi del valore originario della casa) e gli si corrisponde il resto, ma senza un centesimo d'interesse. Che la società, a prescindere dalle "sovvenzioni statali", possa ingrassarsi in tutto questo, lo si capisce; e si capisce altresì che queste case offerte a tali condizioni, già per il solo fatto di essere site fuori dalle città, sono migliori dei vecchi casermoni posti nella città stessa.

Dei pochi miserevoli esperimenti compiuti in Germania, la cui meschinità, a pag. 157, riconosce lo stesso sig. Sax, non diciamo parola.

Che cosa dimostrano tutti questi esempi? Semplicemente che la costruzione di case per operai, anche se non vengono calpestate tutte le leggi dell'igiene, sono capitalisticamente redditizie. Ma ciò non è stato mai contestato, lo sapevamo tutti da un pezzo. Ogni investimento di capitale che soddisfi un bisogno, è redditizio, se amministrato razionalmente. L'interrogativo è proprio questo: perché, ciò nonostante, continua ad aversi penuria d'abitazioni? Perché, ciò nonostante, i capitalisti non provvedono ad abitazioni decenti e salubri per gli operai? E qui il sig. Sax continua a non far altro che rivolgere esortazioni ai capitalisti e ci rimane debitore d'una risposta. Ma la vera risposta a tale interrogativo, l'abbiamo già data noi sopra.

Il capitale, ora è assodato definitivamente, non vuole abolire la penuria d'abitazioni, ammesso che lo possa. Non restano che altre due vie d'uscita: l'iniziativa personale dei lavoratori e l'iniziativa statale.

Il signor Sax, un entusiasta veneratore dell'iniziativa privata, sa raccontarci meraviglie di essa anche in materia di abitazioni. Purtroppo sin dall'inizio egli deve ammettere che l'iniziativa privata può approdare solo dove il sistema del cottage o già esiste o è abituale, cioè, ancora una volta, solo in zone rurali; nelle grandi città, anche in Inghilterra, solo in misura ridotta. Quindi, sospira il signor Sax,

"la riforma tramite la medesima" (l'iniziativa privata) "può attuarsi solo per una via indiretta, e perciò sempre in modo incompleto, vale a dire solo qualora proprio al principio della proprietà individuale spetti una capacità d'influire sulla qualità d'abitazione".

Andrebbe messo in dubbio anche questo; comunque, "il principio della proprietà personale" non ha influito affatto sulla "qualità" dello stile del nostro autore riformandolo. Nonostante tutto questo, l'iniziativa personale ha compiuto in Inghilterra tali miracoli,

"che tutto quello che colà si è compiuto in altre direzioni per risolvere il problema della casa è sorpassato di gran lunga da essi".

Sono le building societies [società edilizie] inglesi di cui il signor Sax tratta in modo estremamente minuzioso perché

"sulla loro natura e la loro attività sono diffuse, in generale, idee oltremodo inadeguate o erronee. Le building societies inglesi non sono affatto (...) società o cooperative edilizie, ma sono invece (...) quelle che in tedesco andrebbero designate pressappoco come Hauserwerbvereine [società per l'acquisto della casa]; sono associazioni che perseguono la finalità di mettere insieme dei fondi tramite contributi periodici dei membri, per garantire, secondo la disponibilità dei mezzi, un prestito ai membri stessi per l'acquisto d'una casa (...) la building society è dunque per una parte dei suoi membri una società di risparmio, per l'altra un ufficio prestiti. - Le building societies sono dunque degli istituti di credito ipotecario che, ideate per i bisogni del lavoratore, hanno soprattutto il compito (...) di fornire i risparmi dei lavoratori (...) a coloro che, appartenendo allo stesso ceto dei depositanti, vogliono comperare o costruirsi una casa. Come si può presupporre, tali prestiti vengono contratti costituendo in pegno la realtà in questione e in modo tale che la loro estinzione avviene in piccole rateizzazioni che comprendono interessi e ammortizzazione (...) L'interesse non viene corrisposto ai depositanti, ma sempre accreditato a interesse composto (...) Il ritiro dei depositi e degli interessi maturati (...) può avvenire in qualsiasi momento, salvo il preavviso di un mese" (pagg. 170-172) "In Inghilterra esistono oltre duemila associazioni del genere, (...) il capitale in esse raccolto ammonta a circa 15.000.000 di sterline, e 100.000 famiglie di lavoratori più o meno sono già arrivate in tal modo in possesso d'un proprio focolare domestico; è, questa, una conquista sociale a cui indubbiamente non se ne potrà affiancare un'altra per un pezzo" (pagina 174).

Anche qui, purtroppo, c'è subito la coda di un "ma":

"Con questo, però, non si è raggiunta affatto una completa soluzione del problema. E già per la sola ragione che l'acquisto di una casa (...) è accessibile solo agli operai più agiati (...) Sono soprattutto gli aspetti umanitari che spesso non sono osservati in misura sufficiente" (pagina 176).

Nel continente "associazioni del genere non trovano che un ridotto terreno al loro sviluppo". Esse presuppongono il sistema del cottage, che in continente esiste solo nelle zone rurali; ma nelle zone rurali i lavoratori non sono ancora abbastanza evoluti per l'iniziativa autonoma. D'altro canto nelle città in cui si potrebbero formare vere e proprie cooperative edilizie, vi si oppongono "difficoltà assai considerevoli e serie di natura disparata" (pag. 179). Esse non hanno potuto costruire che, appunto, dei cottages, e questi non vanno nelle grandi città. Insomma, "a questa forma di autonoma iniziativa cooperativistica" non può "certo spettare nella situazione odierna e probabilmente neanche nel prossimo futuro il ruolo principale nella soluzione del problema che ci sta davanti". Vale a dire che queste cooperative edilizie si trovano ancora "nello stadio dei primissimi inizi, senza alcuno sviluppo". "E ciò vale anche per l'Inghilterra" (pag. 181).

In conclusione: i capitalisti non vogliono e i lavoratori non possono. E con questo potremmo chiudere il capitolo, se non fosse assolutamente indispensabile dare qualche chiarimento sulle building societies inglesi, che i borghesi della tendenza Schulze-Delitzsch propongono continuamente come modello ai nostri lavoratori.

Queste building societies né sono società operaie né hanno come finalità precipua quella di procurare agli operai la proprietà di una casa. Vedremo, al contrario, che ciò avviene solo per rara eccezione. Le building societies sono di natura essenzialmente speculativa, le piccole, che sono le originarie, non meno delle loro imitatrici più grandi. Per lo più su iniziativa dell'oste, in un'osteria in cui avranno poi luogo adunanze settimanali, si riunisce un certo numero di avventori abituali e dei loro amici, merciai, commessi, viaggiatori di commercio, rivenduglioli ed altra piccola borghesia del genere - talvolta anche un costruttore di macchine o altri lavoratori appartenenti all'aristocrazia della propria classe - per costituire una cooperativa edilizia; l'occasione prossima è data abitualmente dal fatto che l'oste ha scovato nelle vicinanze o altrove un terreno che si può avere ad un prezzo relativamente buono. I più dei soci non sono legati dal loro lavoro ad un determinato posto; anche molti dei merciai e artigiani hanno in città solo un locale di lavoro, non una casa; chi può farlo, preferisce abitare fuori, piuttosto che dentro la fumosa città. Viene acquistata l'area fabbricabile, e vi si costruisce il possibile numero di cottages. Il credito dei benestanti rende possibile l'acquisto, i contributi settimanali, oltre che qualche piccolo prestito, coprono le spese settimanali di costruzione. Quei soci che speculano per una casa propria, ricevono assegnati per estrazione i cottages che man mano sono pronti, e, pagando un affitto convenientemente maggiorato, ammortizzano il prezzo d'acquisto. I cottages che restano sono dati in affitto o venduti. Ma, se fa buoni affari, la società edilizia mette insieme un patrimonio, piccolo o grande che sia, il quale resta ai soci sino a quando essi pagano i loro contributi, e viene distribuito di quando in quando, ovvero allo scioglimento della società. Così si svolge la vita di nove società edilizie inglesi su dieci. Le altre sono società più grandi, talvolta costituite con prestiti politici o filantropici, che però in definitiva hanno sempre la finalità precipua di procurare ai risparmi della piccola borghesia un investimento ipotecario più elevato con buoni interessi e con la prospettiva di dividendi per mezzo di speculazioni sulle aree fabbricabili.

Su quali specie di clienti speculino queste società, ce lo dice la pubblicazione ufficiale di una delle maggiori di esse, se non la maggiore in assoluto. La Birkbeck Building Society, 24 and 30, Southampton Buildings, Chancery Lane, London, le cui entrate, sin da quando esiste, ammontano ad oltre dieci milioni e mezzo di sterline (settanta milioni di talleri) e che ha investito oltre 416.000 sterline in depositi bancari e in titoli statali e che, contando attualmente 21.441 depositari, si presenta al pubblico come segue:

"È largamente noto il cosiddetto sistema triennale dei fabbricanti di pianoforti, secondo cui chiunque prenda a nolo per tre anni un pianoforte, trascorso questo tempo ne diventa proprietario. Prima che fosse introdotto questo sistema, a persone di reddito modesto procurarsi un buon pianoforte era altrettanto difficile che comprarsi una casa; per il nolo del pianoforte si pagava anno per anno, spendendo una somma equivalente, due tre volte il valore del pianoforte. Ma quel che si può fare per un pianoforte si può fare anche per una casa (...) Sennonché una casa costa più di un pianoforte (...) è necessario un tempo più lungo per estinguere a rate il prezzo d'acquisto. Ciò considerato, i direttori hanno condotto trattative con i proprietari di case in diversi quartieri e sobborghi di Londra, per cui essi sono in grado di offrire ai soci della Birkbeck Building Society e ad altri una gran scelta di case nelle zone più disparate della città. Il sistema che i direttori intendono seguire è questo: dare in affitto le case per dodici anni e mezzo; trascorso questo tempo, nel caso che l'affitto sia stato corrisposto regolarmente, la casa diventa proprietà assoluta del locatario senza ulteriore esborso di qualsiasi natura (...) Il locatario può accordarsi altresì per una rateazione più breve a canone più elevato, o per una rateazione più lunga a canone ridotto (...) Persone con reddito limitato, commessi di negozio o di magazzino ed altri possono rendersi immediatamente indipendenti da qualsiasi locatore facendosi soci della Birkbeck Building Society".

Si parla abbastanza chiaro. Si fa parola non di operai, bensì di persone con reddito limitato, di commessi di negozio o di magazzino ecc.; e per di più si presuppone che gli interessati di regola posseggano già un pianoforte. E in realtà qui si tratta non già dei lavoratori, bensì di piccoli borghesi e di quanti vogliono e possono diventarlo: persone il cui reddito, seppure entro certi limiti, normalmente cresce a poco a poco, come quello dei commessi di negozi e settori economici similari, mentre quello dell'operaio, mantenendosi nel migliore dei casi sempre uguale, in realtà diminuisce in rapporto all'aumento della famiglia e dei suoi crescenti bisogni. Di fatto in simili società possono avere parte solo pochi operai, e per eccezione. Da una parte il loro reddito è troppo esiguo, dall'altra troppo incerto, perché essi siano in grado di accollarsi impegni per dodici anni e mezzo. Le poche eccezioni per le quali non vale questo discorso, sono costituite o dagli operai meglio pagati o dai capireparto [*4].

È del resto evidente a chiunque che i bonapartisti della città operaia di Mülhusen non sono nient'altro che miseri scimmiottatori di queste società edilizie piccolo-borghesi d'Inghilterra. Solo che, nonostante le sovvenzioni statali loro concesse, essi truffano i loro clienti assai più di quanto non facciano le società edilizie. Nel complesso le loro condizioni sono meno liberali di quelle vigenti in media nell'Inghilterra, e mentre in questa di ogni acconto si calcolano sempre interesse e interesse composto, che, dietro preavviso d'un mese, viene anche corrisposto, gli industriali di Mülhausen intascano interesse semplice e composto e rstituiscono solo l'importo pagato in cinque franchi duramente sudati. Di tale differenza nessuno si meraviglierà più del signor Sax, che di tutto questo non parla nel suo libro, giacché non lo sapeva.

D'iniziativa personale degli operai, dunque, nemmeno l'ombra. Non resta che quella statale. Che cosa può offrirci a questo riguardo il sig. Sax? Tre cose:

"In primo luogo, lo Stato deve essere inteso, nella sua legislazione e amministrazione, ad abolire o convenientemente rettificare quanto ha, in qualsiasi modo, per conseguenza l'aggravarsi della penuria di abitazioni per la classe lavoratrice" (pag.187).

Dunque: revisione della legislazione edilizia e libertà alle ditte costruttrici di edificare più a buon mercato. Ma in Inghilterra la legislazione edilizia è limitata ad un minimo, le ditte sono libere come gli uccelli nell'aria, eppure esiste la penuria di abitazioni. Per di più ultimamente in Inghilterra si costruisce così a buon mercato che le case tremano tutte le volte che nella strada passa un carretto, ed ogni giorno ne crolla qualcuna. Proprio ieri, 25 ottobre 1882, a Manchester ne sono crollate in una sola volta sei, ferendo gravemente sei operai. Nemmeno questo, dunque, serve a nulla.

"In secondo luogo, l'autorità statale deve impedire che, nel suo angusto individualismo, il singolo propaghi il male e ne produca di nuovo".

Dunque: ispezione delle abitazioni operaie da parte della polizia sanitaria e di quella edilizia, conferire ai funzionari il potere di chiudere quelle igienicamente nocive e pericolanti, così com'è avvenuto in Inghilterra sin dal 1857. Ma come è avvenuto colà? La prima legge del 1855 (Nuisances Removal Act) rimase, e lo ammette lo stesso signor Sax, lettera morta, così come la seconda del 1858 (Local Government Act), (pagina 197). Per contro il signor Sax crede che la terza, l'Artisans' Dwellings Act, che vale solo per le città di oltre 10.000 abitanti "rende certamente testimonianza favorevole delle profonde vedute del parlamento britannico in fatto di questioni sociali" (pag. 197), mentre questa affermazione a sua volta non "rende una testimonianza favorevole" se non dell'ignoranza del signor Sax "in fatto di questioni" inglesi. Che l'Inghilterra "in fatto di questioni sociali" sia in genere molto più avanzata del continente, è ovvio; essa è la madrepatria della grande industria moderna, il modo di produzione capitalista vi si è sviluppato nella misura più libera e più ampia, e le conseguenze di questo fatto emergono nella misura più abbagliante, provocando perciò, oltretutto, una reazione dell'attività legislativa. La prova migliore ne è la legislazione industriale. Ma quando il sig. Sax crede che un atto del parlamento non abbia bisogno che di ricevere vigore di legge per essere introdotto nella pratica ipso facto, s'inganna. E questo non vale inoltre per ogni atto del parlamento, (escluso comunque il Workshops' Act), più di quanto valga per il Local Government Act. L'attuazione della legge fu commessa alle autorità cittadine, che quasi ovunque, in Inghilterra, sono centri riconosciuti di corruzione d'ogni sorta, di favoritismi familiari e jobbery [17]. I dipendenti di queste autorità cittadine, i quali devono i loro posti a riguardi d'ogni sorta per le loro famiglie, non sono capaci o non hanno voglia di applicare simili leggi sociali, mentre proprio in Inghilterra gli impiegati statali incaricati di preparare ed attuare la legislazione sociale si distinguono per lo più da un rigoroso adempimento dei loro doveri, anche se ora in misura minore di venti, trent'anni fa. Nei consigli comunali hanno quasi dovunque una forte rappresentanza diretta o indiretta i proprietari di abitazioni malsane e cadenti. L'elezione dei consigli comunali, compiuta per piccole circoscrizioni, rende gli eletti dipendenti dai più meschini interessi e influssi locali; nessun consigliere comunale, che voglia esser rieletto, può osar di votare l'applicazione di questa legge alla sua circoscrizione elettorale. Si comprende, perciò, con quanta avversione questa legge sia stata accolta quasi ovunque dalle autorità locali, e come finora abbia trovato applicazione solo nei casi più scandalosi ed anche in questi, per lo più, solo in seguito ad un'epidemia già scoppiata, com'è avvenuto l'anno scorso a Manchester e Salford colpite da epidemia di vaiolo. In simili casi l'appello al Ministro degli interni non ha sortito altro effetto, finora, così come vuole il principio d'ogni governo liberale in Inghilterra, che è quello di far proporre in stato di necessità leggi di riforma sociale, lasciando completamente inattuate, benché possibili, quelle già esistenti. La legge in questione, come parecchie altre in Inghilterra, non ha altro significato che quello di poter essere, nelle mani d'un governo nominato o incalzato dai lavoratori, d'un governo che finalmente l'applichi davvero, una potente arma per aprire una breccia nella presente situazione sociale

"In terzo luogo", secondo il signor Sax, il potere statale deve "recare ad attuazione nella misura più ampia tutte le misure positive di cui dispone per porre riparo all'esistente penuria di abitazioni".

Ciò vuol dire che esso deve costruire delle caserme, dei "veri edifici modello" per i suoi "impiegati subalterni e personale di servizio" (ma questi non sono affatto operai!) e "garantire (...) mutui a rappresentanze comunali, società ed anche a privati allo scopo di migliorare le abitazioni per la classe operaia" (pag. 203), così come avviene in Inghilterra a norma del Public Works Loan Act, e come Luigi Bonaparte ha fatto a Parigi e Mülhausen. Ma quell'atto non esiste che sulla carta, il governo non mette a disposizione dei commissari che al massimo 50.000 sterline, cioè i mezzi per costruire al massimo 400 cottages, vale a dire in quarant'anni 16.000 cottages o abitazioni per un massimo di 80.000 persone: una goccia nel mare! Ammettiamo pure che nel giro di vent'anni i mezzi della commissione siano raddoppiati da un rimborso, e quindi nei prossimi vent'anni si costruiscano case per altre 40.000 persone; resta sempre una goccia nel mare. E poiché i cottages durano in media non più di quarant'anni, trascorso questo periodo si dovranno impiegare ogni anno 50.000 o 100.000 sterline in liquido per restaurare i cottages più vecchi in condizioni di fatiscenza. Tutto questo, a pagina 203, il signor Sax lo definisce: attuare praticamente in modo giusto ed "anche in misura illimitata" il principio! E con questa ammissione che, perfino in Inghilterra, lo Stato "in misura illimitata" non ha fatto quasi nulla, il sig. Sax conclude il suo libro, senza perdere occasione di tenere un'ennesima predica morale a tutti gli interessati [*5].

Che lo stato odierno non possa né voglia metter riparo alla piaga edilizia, è di chiarezza solare. Lo Stato non è altro che il potere complessivo organizzato delle classi abbienti, dei padroni fondiari e capitalisti nei confronti delle classi sfruttate dei contadini e degli operai. Quel che non vogliono i singoli capitalisti (è solo di questi che ci occupiamo, poiché in questa materia anche il padrone terriero interessato compare sulle prime nella sua sola qualità di capitalista), non lo vuole nemmeno lo Stato. Se dunque i singoli capitalisti lamentano bensì la carenza di abitazioni, ma a malapena li si può indurre a celarne superficialmente le conseguenze più spaventose, nemmeno il capitalista collettivo, lo Stato, farà molto di più. Al massimo procurerà che quel superficiale occultamento sia praticato ovunque in modo uniforme, nella misura divenuta ormai consueta. E si è visto che ciò avviene di fatto.

Si potrà obiettare che in Germania i borghesi non dominano ancora, in Germania lo Stato è ancora, in certa misura, un potere indipendente, che si libra al di sopra della società, e che proprio per questo rappresenta gli interessi complessivi di quest'ultima e non quelli di una singola classe. Un simile Stato può fare indubbiamente molte cose che non può uno Stato borghese; da esso è lecito attendersi ben altro anche in campo sociale.

Questo è il linguaggio dei reazionari. In realtà, infatti, anche in Germania lo Stato, quale esso esiste, è il prodotto necessario del sostrato sociale che lo esprime. In Prussia - e la Prussia ora fa legge - accanto ad una nobiltà latifondista ancora forte esiste una borghesia relativamente giovane e soprattutto assai vile, che finora non ha conquistato né il potere politico diretto come in Francia, né quello più o meno indiretto come in Inghilterra, ma, oltre a queste due classi, esiste un proletariato in rapido aumento, intellettualmente assai evoluto e che va organizzandosi ogni giorno di più. Accanto alla condizione basilare della vecchia monarchia assoluta, cioè all'equilibrio fra nobiltà terriera e borghesia, da noi troviamo la condizione basilare del bonapartismo moderno, con l'equilibrio fra borghesia e proletariato. Sennonché, tanto nella vecchia monarchia assoluta quanto nella bonapartistica moderna, il reale potere governativo è nelle mani d'una particolare casta di ufficiali e funzionari, che in Prussia si integra in parte con se stessa, in parte con la piccola nobiltà di maggiorasco, raramente con la grande nobiltà, e in minima parte con la borghesia. L'autonomia di tale casta, che sembra porsi al di fuori e diremmo quasi al di sopra della società, conferisce allo Stato la parvenza di autonomia nei confronti della società.

La forma statuale che per necessaria consequenzialità si è sviluppata da queste condizioni sociali quanto altre mai contraddittorie in Prussia (e, secondo i precedenti di questa, nella nuova costituzione imperiale di Germania), è lo pseudocostituzionalismo; una forma che è tanto quella in cui oggi si dissolve la vecchia monarchia assoluta, quanto quella in cui esiste la monarchia bonapartistica. In Prussia il costituzionalismo apparente ha, fra il 1848 e il 1866, coperto e mediato il processo di lenta decomposizione della monarchia assoluta. Ma dal 1866, e soprattutto dal 1870 in poi, il sovvertimento delle condizioni sociali, e quindi la dissoluzione del vecchio Stato, procede sotto gli occhi di tutti e su scala crescente in misura gigantesca. Il rapido sviluppo dell'industria, e soprattutto gli imbrogli di borsa, hanno trascinato tutte le classi dominanti nel vortice della speculazione. La corruzione in grande, importata dalla Francia nel 1870, si sviluppa con rapidità inaudita. Strousberg e Péreire si scappellano l'un l'altro. Nel maneggiare azioni, ministri, generali, principi e conti la fanno in barba ai più navigati ebrei della borsa, e lo Stato li riconosce pari agli ebrei della borsa creando questi ultimi baroni a tutto spiano. La nobiltà terriera, da tempo fattasi industriale con i suoi zuccherifici e le sue distillerie d'acquavite, si è lasciata da un pezzo dietro le spalle i vecchi onesti tempi e gremisce con i suoi nomi le liste dei direttori di tutte le società per azioni, oneste e non oneste. La burocrazia disdegna sempre di più l'ammanco di cassa quale unico modo per arrotondarsi lo stipendio; lascia che lo Stato segua la sua china e dà la caccia ai posti in gran lunga più lucrosi che possono aversi nell'amministrazione di imprese industriali; quelli che restano ancora in carica, seguono l'esempio dei loro superiori, speculando in azioni o facendosi "cointeressare" alle ferrovie e simili. Si è anzi in diritto di supporre che in talune speculazioni abbiano lo zampino persino i sottotenenti. Insomma, lo sfacelo di tutti gli elementi del vecchio Stato, il passaggio dalla monarchia assoluta alla bonapartistica, è in pieno corso, e con la prossima grande crisi del commercio e dell'industria si avrà il crollo non solo degli attuali imbrogli, ma altresì del vecchio Stato prussiano [*6].

E questo Stato, i cui elementi non borghesi si borghesizzano ogni giorno di più, dovrebbe risolvere la "questione sociale" od anche solo la questione della casa? Al contrario. In tutte le questioni economiche lo Stato prussiano soggiace sempre di più alla borghesia; e se, dal 1866 in poi, la legislazione in materia non si è adeguata agli interessi della borghesia più di quanto non è avventuro, di chi è la colpa? Probabilmente della borghesia medesima, che in primo luogo è troppo vile per sostenere energicamente le proprie esigenze, e in secondo luogo si oppone ad ogni concessione tutte le volte che questa metta nuove armi nelle mani del proletariato minacciante. E allorché il potere statale, cioè Bismarck, tenta di organizzarsi un proletariato del corpo, per tenere così a freno l'attività politica della borghesia, che cos'è questo se non un necessario e ben noto mezzuccio bonapartistico, che nei confronti degli operai a nulla impegna salvo che a qualche frase benevola e tutt'al più ad un minimo di sovvenzioni statali da concedersi à la Louis Bonaparte alle società edilizie?

La migliore prova di quello che gli operai hanno da attendersi dallo Stato prussiano, sta nell'uso dei miliardi francesi, che hanno dato una breve quanto inutile boccata d'ossigeno all'autonomia della macchina statale prussiana nei confronti della società. Si è forse speso sia pure un solo tallero di quei miliardi per dare un tetto alle famiglie di operai berlinesi gettate sul lastrico? Al contrario. Sopraggiunto l'autunno, lo Stato fece demolire quelle poche miserabili baracche che erano loro servite da ricovero di fortuna durante l'estate. Abbastanza per tempo quei cinque miliardi hanno fatto la solita fine, andandosene in fortezze, cannoni e soldati; e nonostante Wagner [18] von Dummerwitz [19], nonostante le conferenze di Stieber con l'Austria [20], dei miliardi ai lavoratori tedeschi non è toccato ancora quel tanto che ai lavoratori francesi Luigi Bonaparte aveva concesso dei milioni rubati alla Francia.

III

In realtà la borghesia non ha che un solo metodo per risolvere a suo modo la questione delle abitazioni; cioè di risolverla in modo tale che la soluzione riproduca continuamente di nuovo la questione stessa. Questo metodo si chiama Haussmann.

Con questo nome non intendo semplicemente la maniera specificamente bonapartistica che il parigino Haussmann ha di aprire strade lunghe, diritte e larghe attraverso i fitti quartieri operai scaglionandovi in ambo i lati edifici di lusso: una maniera con cui, oltre che allo scopo strategico di rendere difficile la lotta di barricate, si mirava alla formazione di un proletariato edilizio specificamente bonapartista, dipendente dal governo, e alla trasformazione di Parigi in una vera e propria città di lusso. Col nome di Haussmann intendo la prassi generalizzata di aprire delle brecce nei quartieri operai, in particolare in quelli centrali delle nostre grandi città, poco importa se a ciò si sia indotti da considerazioni attinenti all'igiene pubblica o all'abbellimento della città, ovvero dal bisogno di grandi locali per negozi siti in posizione centrale o da esigenze di traffico, quali sono costruzioni ferroviarie, strade e via dicendo. Il risultato è ovunque lo stesso per diversa che sia l'occasione: i vicoli e i vicoletti più scandalosi spariscono dietro la gran glorificazione che la borghesia fa di se stessa in ragione di questo gigantesco successo, ma rinascono ben presto altrove e spesso nelle immediate vicinanze.

Ne La condizione della classe operaia in Inghilterra diedi una descrizione di Manchester, quale si presentava nel 1843 e 1844. Da allora, con le vie che attraversano la città, con l'apertura di nuove strade, con l'erezione di grandi edifici pubblici e privati, taluni dei quartieri peggiori descritti nelle mie pagine sono stati sventrati, messi a nudo e migliorati, e altri completamente soppressi, benché - a prescindere dalla sorveglianza della polizia sanitaria, divenuta più rigorosa da quel tempo a oggi - molti si trovino ancora in condizioni edilizie identiche o addirittura peggiori. In compenso, però, grazie all'enorme estendersi della città, la cui popolazione da allora è cresciuta di oltre la metà, quartieri, che a quel tempo erano ancora ariosi e puliti, ora sono altrettanto mal costruiti, altrettanto sordidi e sovraffollati dei quartieri più famigerati dell'epoca. Un solo esempio: nel mio libro, a pagina 80 e seguenti, descrivevo un gruppo di case sito nel fondovalle del fiume Medlock, che sotto il nome di Piccola Irlanda (Little Ireland) già da anni ha costituito la vergogna di Manchester. La Piccola Irlanda è sparita da un pezzo; al suo posto ora sorge, su di un'alta massicciata, una stazione ferroviaria; la borghesia addice la felice e definitiva eliminazione della Piccola Irlanda, sfoggiandola come un gran trionfo. Nella scorsa estate è avvenuta una violenta inondazione, di quelle che, di anno in anno più grosse, i fiumi arginati provocano nelle nostre grandi città per ragioni facilmente individuabili. Si è scoperto allora che la Piccola Irlanda non era affatto stata eliminata, ma semplicemente trasferita dalla parte meridionale di Oxford Road nella parte settentrionale, e vi è ancora fiorente. Ascoltiamo cosa ne dice il Manchester Weekly Times del 20 luglio 1872, l'organo della borghesia radicale di Manchester:

"La sciagura che sabato scorso ha colpito gli abitanti del fondovalle di Medlock, è sperabile che possa avere una buona conseguenza: che l'attenzione dell'opinione pubblica sia richiamata sul tangibile dispregio di tutte le leggi sanitarie, già da tanto tempo tollerato in questa zona sotto il naso degli impiegati municipali e dell'assessorato municipale all'igiene. Il vibrato articolo della nostra edizione di ieri ha svelato, ancora troppo debolmente, lo stato indecoroso di alcune abitazioni d'interrato in Charles Street e Brook Street, che sono state raggiunte dall'inondazione. Un attento esame di uno dei cortili citati in quell'articolo ci consente di confermare tutte le indicazioni date e di affermare che gli interrati di quel cortile avrebbero dovuto essere chiusi già da tempo, più precisamente non avrebbero dovuti mai essere tollerati come abitazioni umane. Squire's Court è formata da sette od otto abitazioni all'angolo di Charles Streeet e Brook Street sulle quali il passante, anche nel punto più basso di Brook Street, sotto il cavalcavia ferroviario, può transitare ogni giorno senza sospettare che al di sotto di lui, in quello sprofondo, degli esseri umani abitino in caverne. Il cortile è nascosto allo sguardo del pubblico ed è accessibile solo a quanti la miseria costringe a cercare riparo in quel chiuso tombale. Anche quando le acque del Medlock, contenute fra argini e per lo più ristagnanti, non superano il loro livello abituale, il pavimento di tali abitazioni non può superare che di qualche pollice il loro specchio, qualsiasi acquazzone di una certa potenza è capace di portar su dalle cloache o dai tubi di scarico un'acqua disgustosamente putrida, e d'avvelenare le abitazioni con quei miasmi pestilenziali che ogni inondazione lascia per ricordo (...) Squire's Court è sita ancora più in basso delle cantine non abitate delle case che stanno sulla Brook Street (...) venti piedi al di sotto della strada, e l'acqua pestilenziale che sabato è stata fatta rifluire su dalle cloache è arrivata fino ai tetti. Noi lo sapevamo e ci aspettavamo di trovare il caseggiato disoccupato od occupato solo da funzionari dell'assessorato all'igiene intenti a ripulire e disinfettare le pareti puteolenti. Invece abbiamo visto un uomo intento, nello scantinato di un barbiere (...) a spalare, travasandolo in una carriola, un mucchio di putride immondizie che stava in un angolo. Il barbiere, il cui scantinato era già abbastanza ripulito, ci fece scendere ancora più in basso, in una fila di appartamenti dei quali egli ebbe a dire che, se avesse saputo scrivere, avrebbe mandato una lettera ai giornali chiedendone insistentemente la chiusura. Così arrivammo finalmente a Squire's Court, dove trovammo una graziosa irlandese dall'aspetto sano, le mani piene di biancheria. Lei e suo marito, una guardia notturna privata, abitavano da sei anni in quella court e avevano una famiglia numerosa. Nella casa che avevano appena lasciata, le acque erano giunte fino al tetto, le finestre erano infrante, i mobili un mucchio di rottami. L'inquilino, a suo dire, aveva potuto mantenere in uno stato olfattivo sopportabile la casa solo imbiancandola con la calce ogni due mesi (...) Nel cortile interno, in cui penetrava ora per la prima volta, il nostro reporter trovò tre appartamenti col muro posteriore a ridosso di quello appena descritto, due dei quali erano abitati e il fetore era così spaventoso che l'uomo più sano di questo mondo avrebbe avuto il mal di mare dopo un paio di minuti (...) Quell'antro disgustoso era abitato da una famiglia di sette persone, che la sera di giovedì (il giorno della prima inondazione) avevano tutte dormito a casa. O meglio, come si corresse la donna, lei e suo marito avevano trascorso la gran pare della notte a vomitare per il gran puzzo. Il sabato, con l'acqua fino al petto, dovettero portar via i bambini. La donna era del parere che quella tana fosse troppo scadente perfino per un maiale, ma essa l'aveva presa per via dell'affitto a buon prezzo, 1 scellino e mezzo (15 Groschen) la settimana, poiché, causa una malattia, suo marito negli ultimi tempi era rimasto spesso senza guadagno. L'impressione che fanno questo caseggiato e gli abitanti ospitativi come in una tomba precoce, è quella dell'indigenza estrema. Dobbiamo dire, del resto, che, stando alle inchieste compiute, Squire's Court non è che una copia - forse parossistica - di molte altre località di quel quartiere, della cui esistenza il nostro assessorato all'igiene non può dare una giustificazione. E se si permette che questi luoghi continuino ad essere abitati, si accollano l'assessorato una responsabilità e il vicinato un pericolo di epidemie contagiose, la cui gravità ci esimiamo dall'indagare ulteriormente".

Ecco un esempio convincente di come la borghesia risolva in pratica il problema delle abitazioni. I focolai delle epidemie, gli antri e le tane più infami in cui il modo capitalistico di produzione incarcera notte per notte i nostri operai, sono non eliminati ma solo trasferiti! La stessa necessità economica che li ha prodotti nel luogo primitivo li riproduce anche nel secondo. E finché sussiste il modo di produzione capitalista, è una follia pretendere di risolvere isolatamente la questione dell'abitazione o qualsiasi altra questione sociale che concerna il destino degli operai. La soluzione sta nell'abolire il modo di produzione capitalista, e nel far sì che la classe lavoratrice si appropri di tutti i mezzi di sussistenza e di lavoro.

 

Note

14. Dal discorso di David Hansemann alla prima seduta della prima Dieta Riunita (8 giugno 1847).

*2. Ed anche questo ha finito col diventare una mera sede di sfruttamento dei lavoratori. Si veda il parigino Socialiste, annata 1886 [15]. [1887]

15. Il settimanale Le socialiste fu fondato nel 1885 da Jules Guesde; fu organo del Partito Operaio Francese fino al 1902; dal 1902 al 1905 fu organo del Partito Socialista di Francia; dal 1905, organo del Partito Socialista Francese. Tra il 1880 e il 1890 vi collaborarono Engels, Lafargue e Plechanov. Gli articoli sulla colonia di Guise vi apparvero nei nn. 45 e 48, rispettivamente del 3 e del 24 luglio 1886.

16. V. A. Huber, Sociale Frange, IV, Die latente association, Nordhausen, 1866

*3. Anche a questo proposito, è un pezzo che i capitalisti inglesi hanno non solo adempiuto, ma di gran lunga superato i voti del cuore del signor Sax. A Morpeth lunedì 14 ottobre 1872 la Corte per l'accertamento delle liste degli elettori per il Parlamento aveva discusso l'istanza presentata da duemila minatori per ottenere l'iscrizione dei loro nomi nelle liste. E' risultato che, secondo il regolamento della miniera in cui lavora, la maggior parte di quella gente va considerata composta non di locatari delle casette in cui abitano, bensì come persone che hanno il permesso di risiedervi e che quindi possono essere gettate sul lastrico in qualsiasi momento senza preavviso. (Naturalmente il padrone della miniera e il padrone della casa sono la stessa persona). Il giudice ha deciso che quelle persone sono non locatari, ma servi, e in quanto tali non hanno diritto all'iscrizione richiesta (Daily News del 15 ottobre 1872).

*4. E qui è da rilevare altresì un piccolo contributo che viene specificamente concesso all'esercizio commerciale delle società edilizie londinesi. Com'è noto, il terreno di quasi l'intera Londra appartiene circa ad una dozzina d'aristocratici, i più nobili dei quali sono i duchi di Westminster, di Bedford, di Portland ecc. Costoro avevano dato in affitto inizialmente le aree fabbricabili per novantanove anni; trascorso questo tempo, entrano in possesso del fondo con tutto quello che vi è sopra. Ora essi danno a pigione le case a scadenze piuttosto brevi, ad es. 39 anni, col cosiddetto repairing lease [affitto riparatorio], a norma del quale il locatario è tenuto a mettere e mantenere l'abitazione in perfette condizioni edilizie. Non appena stipulato un contratto del genere, una signoria manda il suo architetto di fiducia e il funzionario di polizia edilizia (surveyor) del distretto a ispezionare la casa per accertare le riparazioni che vi necessitano. Spesso queste sono di assai vasta portata e arrivano fino al restauro dell'intero muro frontale, del tetto ecc. Il locatario deposita l'ammontare della pigione a garanzia presso una società edilizia, che gli anticipa poi il denaro occorrente (fino a 1.000 sterline e più per un canone annuo di 130-150 sterline) perché egli possa far eseguire i lavori a sue spese. Queste società edilizie sono divenute, dunque, l'importante anello di congiunzione d'un sistema inteso a far sì che le case londinesi appartenenti ai grandi aristocratici terrieri siano continuamente restaurate e mantenute abitabili a spese del pubblico. E questa dovrebbe essere la soluzione del problema della casa per i lavoratori! [1887]

17. Si chiama jobbery [peculato] lo sfruttamento d'un ufficio pubblico a vantaggio di chi lo detiene o della sua famiglia. Se, ad esempio, il direttore dei telegrafi di Stato d'un dato paese diventa socio accomandante d'una cartiera, a cui fornisce il legno dei boschi di sua proprietà, per poi fornire di carta gli uffici telegrafici, questo è un job, per la verità non troppo grosso, ma bell'e buono, tanto da far ritenere che il nostro uomo ha capito perfettamente i principi della jobbery; con Bismarck, del resto, non ci sarebbe da attendersi, ovviamente, qualcosa di diverso.

*5. Recentemente negli atti parlamentari inglesi, che conferiscono ai funzionari del genio civile londinese il diritto d'esproprio al fine di aprire nuove strade, si tengono in una qualche considerazione i lavoratori gettati sul lastrico. Vi si è inserita la disposizione secondo cui gli edifici di nuova costruzione devono essere destinati ad accogliere le categorie di popolazione che hanno abitato sino allora sul posto. Si fabbricano quindi per i lavoratori casermoni d'affitto di cinque-sei piani su aree di valore infimo e si soddisfa così alla lettera la legge. Che risultati darà tale installazione, per i lavoratori del tutto insolita e assolutamente eterogenea nel bel mezzo della bella Londra, resta da vedere. Ma anche nel migliore dei casi è ben difficile che si sistemi un quartiere per i lavoratori che in realtà sono stati sloggiati dalla loro abitazione. [1887]

*6. Quel che ancor oggi, nel 1886, continua a tenere insieme lo Stato prussiano e ciò che ne è il fondamento, l'alleanza fra latifondo e capitale industriale suggellata con i dazi protettivi, è solo la paura del proletariato, che dal 1872 a questa parte è enormemente cresciuto in numero e coscienza di classe. [1887]

18. Engels allude alle ripetute dichiarazioni di Adolph Wagner, economista politico tedesco borghese, secondo cui la favorevole congiuntura animatasi in Germania dopo la guerra franco-tedesca, specialmente per effetto dei contributi di cinque miliardi imposti alla Francia, avrebbe prodotto un significativo miglioramento della situazione in cui versavano le masse operaie.

19. Non risulta che il Wagner, professore universitario e membro del senato prussiano, abbia mai avuto titolo nobiliare di sorta; quello che gli attribuisce Engels è quindi, con ogni probabilità, una frecciata satirica; Dummerwitz equivale, infatti, a "umorismo, spirito (ingegno) idiota" o, se si vuole, a "freddura insipida".

20. Accenno ai colloqui fra il Kaiser tedesco e quello austriaco e fra i rispettivi primi ministri, che ebbero luogo nell'agosto del 1871 a Bad Gastein e nel settembre a Salisburgo e nel corso dei quali si discusse anche delle misure da prendere contro l'Internazionale. A questi colloqui o conferenze Engels dà il nome del capo della polizia prussiana, Wilhelm Stieber, sottolineando così il loro carattere reazionario.

 


Ultima modifica 24.09.2000