Lettera a J. Bloch a Londra

Engels (1890)

 


Scritta il 21 settembre 1890.
Tradotta, dalla versione in inglese presente sul MIA, e trascritta da Dario Romeo, Gennaio 2001


 

Londra, 21 settembre 1890

Egregio signore,

la Sua lettera del 3 c.m. mi è stata inoltrata a Folkestone; dato che però là non avevo il libro in questione [Cfr., "L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato"], mi è stato impossibile rispondere. Tornato a casa il 12 ho trovato ad aspettarmi un tale cumulo di lavoro urgente, che solo oggi riesco a scriverle un paio di righe. Questo per spiegare il rinvio, con la preghiera di volermi cortesemente scusare.

Al punto I. Per prima cosa a p. 19 dell'"Origine" Lei può vedere che il processo di sviluppo della famiglia Punalua è descritto come così graduale nel suo decorso, che ancora in questo secolo nella famiglia reale ad Hawai c'erano casi di matrimoni tra fratelli e sorelle (di una stessa madre). E in tutta l'antichità troviamo esempi di matrimoni tra fratelli, ad esempio ancora presso i Tolomei. Ma qui - seconda cosa - bisogna distinguere tra fratelli dal lato materno o solo dal lato paterno; [fratello, sorella] derivano da , utero, e perciò originariamente significavano esclusivamente fratelli dal lato materno. E dal periodo del matriarcato si è conservato ancora a lungo il sentimento che figli di una stessa madre, anche se di padre diverso, fossero piú vicini tra loro che figli di uno stesso padre, ma di madre diversa. La forma di famiglia Punalua esclude solo matrimoni tra i primi, ma niente affatto tra i secondi, che secondo la relativa idea non sono anzi neanche parenti (poiché è in vigore il matriarcato). Ora, per quanto ne so, i casi di matrimonio tra fratelli che ricorrono nell'antichità greca sono esclusivamente casi in cui i contraenti hanno madre diversa, oppure in cui ciò non è noto, e perciò neanche escluso, e non contraddicono perciò assolutamente l'uso Punalua. A Lei è sfuggito proprio il fatto che tra l'epoca dei Punalua e la monogamia greca c'è il salto dal matriarcato al patriarcato, che cambia notevolmente la faccenda.

Secondo le "Antichità elleniche" di Wachsmuth nell'epoca eroica presso i greci " non v'è traccia di scrupoli in merito a una parentela troppo stretta tra gli sposi, escluso il rapporto tra genitori e figli" (III, P. 157). "Il matrimonio con la sorella carnale a Creta non era motivo di scandalo" (ivi, p. 170), Quest'ultimo passo si basa su Strabone, libro X, ma sul momento non riesco a trovare il passo perché la suddivisione in capitoli è insufficiente. Per sorella carnale io fino a prova contraria intendo sorella dal lato paterno.

Al Punto II, preciso così la Sua prima proposizione principale: secondo la concezione materialistica della storia la produzione e riproduzione della vita reale è nella storia il momento in ultima istanza determinante. Di più né io né Marx abbiamo mai affermato. Se ora qualcuno distorce quell'affermazione in modo che il momento economico risulti essere l'unico determinante, trasforma quel principio in una frase fatta insignificante, astratta e assurda. La situazione economica è la base, ma i diversi momenti della sovrastruttura - le forme politiche della lotta di classe e i risultati di questa - costituzioni stabilite dalla classe vittoriosa dopo una battaglia vinta, ecc. - le forme giuridiche, anzi persino i riflessi di tutte queste lotte reali nel cervello di coloro che vi prendono parte, le teorie politiche, giuridiche, filosofiche, le visioni religiose ed il loro successivo sviluppo in sistemi dogmatici, esercitano altresì la loro influenza sul decorso delle lotte storiche e in molti casi ne determinano in modo preponderante la forma. È un'azione reciproca tutti questi momenti, in cui alla fine il movimento economico si impone come fattore necessario attraverso un'enorme quantità di fatti casuali (cioè di cose e di eventi il cui interno nesso è così vago e così poco dimostrabile che noi possiamo fare come se non ci fosse e trascurarlo). In caso contrario, applicare la teoria a un qualsiasi periodo storico sarebbe certo piú facile che risolvere una semplice equazione di primo grado.

Ci facciamo da noi la nostra storia, ma, innanzitutto, a presupposti e condizioni assai precisi. Tra di essi quelli economici sono in fin dei conti decisivi. Ma anche quelli politici, ecc, anzi addirittura la tradizione che vive nelle teste degli uomini ha la sua importanza, anche se non decisiva. Lo Stato prussiano è nato e si è sviluppato anche per motivi storici, in ultima istanza economici. Ma sarebbe pressoché impossibile non cadere nella pedanteria affermando che tra i molti staterelli della Germania settentrionale proprio il Brandeburgo era destinato per una necessità economica e non anche per altri fattori (primo fra tutti il fatto di esser coinvolto, tramite il possesso della Prussia, con la Polonia e, attraverso questa, con tutta la situazione politica internazionale - la quale è certo decisiva anche nella formazione dei possedimenti privati della dinastia austriaca) a diventare quella grande potenza in cui si sarebbe incarnata la differenza economica, linguistica, e a partire dalla Riforma anche religiosa, tra nord e sud. Difficile sarebbe non rendersi ridicoli spiegando economicamente l'esistenza di ogni staterello tedesco del passato e del presente, o 1'origine della rotazione consonantica altotedesca, che ha fatto della barriera formata dalle montagne dai Sudeti al Tauno una vera e propria frattura che attraversa la Germania.

Ma in secondo luogo la storia si fa in modo tale che il risultato finale scaturisce sempre dai conflitti di molte volontà singole, ognuna delle quali a sua volta è resa quel che è da una gran quantità di particolari condizioni di vita; sono perciò innumerevoli forze che si intersecano tra loro, un gruppo infinito di parallelogrammi di forze, da cui scaturisce una risultante - l'avvenimento storico - che a sua volta può esser considerata come il prodotto di una potenza che agisce come totalità, in modo non cosciente e non volontario. Infatti quel che ogni singolo vuole è ostacolato da ogni altro, e quel che ne viene fuori è qualcosa che nessuno ha voluto. Così la storia, quale è stata finora, si svolge a guisa di un processo naturale, ed essenzialmente è soggetta anche alle stesse leggi di movimento. Ma dal fatto che le singole volontà - ognuna delle quali vuole ciò a cui la spinge la sua costituzione fisica e le circostanze esterne, in ultima istanza economiche (le sue proprie personali o quelle generali e sociali) - non raggiungono ciò che vogliono, ma si fondono in una media complessiva, in una risultante comune, da questo fatto non si può comunque dedurre che esse vadano poste = 0. Al contrario, ognuna contribuisce alla risultante, e in questa misura è compresa in essa.

Vorrei del resto pregarla di studiare questa teoria sulle fonti originali e non di seconda mano, è veramente molto piú semplice. Non c'è praticamente nulla di ciò che ha scritto Marx in cui essa non si faccia sentire. Ma in particolare " il 18 brumario di Luigi Bonaparte", è un esempio davvero eccellente della sua applicazione. Anche nel "Capitale" ci sono molte indicazioni. E posso poi rimandarla anche ai miei scritti "La scienza sovvertita dal signor E. Duhring" e "L. Feuerbach e il punto d'approdo della filosofia classica tedesca", in cui ho, offerto la piú dettagliata esposizione del materialismo storico che a quanto ne so esista.

Del fatto che da parte dei piú giovani si attribuisca talvolta al lato economico piú rilevanza di quanta convenga, siamo in parte responsabili anche Marx ed io. Di fronte agli avversari dovevamo accentuare il principio fondamentale, che essi negavano, e non sempre c'era il tempo, il luogo e l'occasione di riconoscere quel che spettava agli altri fattori che entrano nell'azione reciproca. Ma appena si arrivava alla descrizione di un periodo storico, e perciò a un'applicazione pratica, le cose cambiavano, e nessun errore era qui possibile. Ma purtroppo è fin troppo frequente che si creda di aver capito a fondo una nuova teoria e di poterne senz'altro fare uso non appena ci si sia impadroniti dei suoi principi fondamentali, e anche questo non sempre in modo corretto. E questo rimprovero non posso risparmiarlo neanche a qualcuno dei recenti "marxisti", e ne è venuta fuori anche della roba incredibile.

Al punto 1 ho ulteriormente trovato ieri (scrivo questo il 22 settembre) in Schoemann, "Antichità greche", Berlino 1855, I, p. 527, il seguente decisivo passo, che conferma appieno la mia precedente descrizione: "Ma è noto che matrimoni tra fratellastri di madre diversa nella Grecia tarda non erano considerati incesto".

Spero che i periodi terribilmente complessi che a causa della brevità di tempo mi sono usciti dalla penna non La spaventino troppo e resto

il Suo devoto F. Engels

 

 


Ultima modifica 5.1.2001