Verso un bilancio sulle purghe

Leon Trotsky (1939)


Scritto il 10 giugno 1939.
Trascritto e tradotto, dalla versione inglese presente sul MIA, da Mishù, Luglio 2000

Walter Duranty, corrispondente del New York Times, cui il Cremlino ha sempre affidato i suoi più sporchi compiti giornalistici, considera ora necessario riportare che le purghe eccedono fortemente in misura tutto ciò che di esse è conosciuto all'estero. Metà dei comunisti espulsi sono tornati nelle file del partito. Ma quanta gente innocente non di partito ha sofferto, ecc.!

L'indignazione di Walter Duranty gli è stata ordinata dal Cremlino anche questa volta. Stalin ha ora bisogno di avere i suoi lacchè il più indignati possibile riguardo le violenze ed i crimini che sono stati commessi. Essi così guidano l'opinione pubblica a credere che Stalin stesso è pieno d'indignazione e che, di conseguenza, i documenti contraffatti, le provocazioni, gli esili decisi arbitrariamente e le fucilazioni, hanno avuto luogo senza la sua conoscenza e contro il suo volere. Solo incorreggibili sciocchi, ovviamente, sono capaci di credere ciò. Ma anche persone non stupide sono inclinate a pendere verso Stalin, in questa materia, almeno parzialmente; si, dicono loro, Stalin è stato senza dubbio colpevole per l'ultima ondata di terrore, ma egli avrebbe voluto limitare questo entro i limiti delle necessità politiche, cioè, sterminare solo coloro che per il suo regime era necessario sterminare. Nel frattempo, gli irragionevoli e depravati esecutori, guidati da interessi di ordine inferiore, hanno dato alle purghe una dimensione assolutamente mostruosa, producendo così generale indignazione. Stalin, ovviamente, non è colpevole per queste esagerazioni, per questo insensato, anche dal punto di vista del Cremlino, sterminio di centinaia di migliaia di persone "neutrali".

Per quanto questo modo di ragionare possa avere la meglio nel pensiero di persone ordinarie, esso è falso dall'inizio alla fine. Esso presuppone, soprattutto, che Stalin stesso ha poteri assai più limitati di quelli che realmente ha. Ma egli dispone, specie in questo campo, di sufficiente esperienza per poter dire quale estensione le purghe debbano avere nell'apparato da lui principalmente creato e diretto. La loro preparazione, come è ben risaputo, ha richiesto un lungo periodo di tempo. essa cominciò con l'espulsione dal partito, nel 1935, di decine di migliaia di oppositori pentiti. Nessuno comprese queste misure. Meno di tutti, certamente, gli espulsi stessi. L'obiettivo di Stalin era quello di uccidere la Quarta Internazionale, sterminando di passaggio la vecchia generazione di bolscevichi e tutti coloro che della successiva generazione erano moralmente connessi con la tradizione del partito bolscevico. In modo da poter porre a termine questo piano mostruoso, che non ha simili nella storia umana, l'apparato stesso doveva essere stretto tra le tenaglie. Era necessario far sentire ad ogni agente del GPU, ad ogni ufficiale sovietico, ad ogni membro del partito, che la minima deviazione da questo o quell'incarico avrebbe significato la morte del recalcitrante e la distruzione della sua famiglia e dei suoi amici. Qualsiasi pensiero di resistenza nel partito o nelle masse lavoratrici doveva essere ucciso in anticipo. Non è quindi una questione di casuali "esagerazioni" né di irragionevole zelo da parte degli esecutori, si tratta invece di una condizione necessaria per il successo del piano di fondo. Come esecutore era necessario un farabutto isterico come Yezhov; Stalin ha visto anticipatamente il suo carattere e lo spirito del suo lavoro, e si è preparato ad eliminarlo non appena il suo obiettivo fondamentale fosse stato raggiunto. In questo campo, il lavoro è stato compiuto in linea con la sua pianificazione.

Persino nel periodo di lotta con l'Opposizione di Sinistra, Stalin iniziò la cricca dei suoi più vicini collaboratori alla sua più grande scoperta storica e sociologica: tutti i regimi del passato sono caduti a causa delle indecisioni e dei vacillamenti della classe governante. Sì il potere statale è sufficientemente spietato nel combattere i suoi nemici, senza fermarsi innanzi a stermini di massa, esso sarà sempre capace di affrontare ogni pericolo. Già nell'autunno 1917 questa saggezza veniva ripetuta in tutte le salse dagli agenti di Stalin allo scopo di preparare l'opinione pubblica del partito per le purghe ed i processi che sarebbero venuti. Oggi, può sembrare ai capi del Cremlino - in ogni caso così ieri pareva loro - che il grande teorema di Stalin è stato confermato dai fatti. Ma la storia distruggerà le illusioni poliziesche anche questa volta. Quando un regime politico e sociale raggiunge irreconciliabili contraddizioni con le necessità di sviluppo di un paese, la repressione può certamente prolungare la sua esistenza per un certo tempo, ma nel lungo periodo l'apparato repressivo comincerà esso stesso a rompersi, a smussarsi, a crollare. L'apparato poliziesco di Stalin sta giusto entrando in questa fase. Il destino di Yagoda e di Yezhov predice quello non solo di Beria, ma anche dei boss comuni a tutti e tre.


Ultima modifica 12.09.2000